Condividi:          Un nuovo anno dovrebbe portare con sé una ventata di novità, come si suol dire. Ma non sempre è così. Non lo è, ad esempio, per i bambini e i ragazzi che, avendo un disturbo dell’apprendimento, si trovano a lottare quotidianamente con la scuola, dove vivono la maggior parte della loro giornata e dove dovrebbero […]
Categorie:

Un nuovo anno dovrebbe portare con sé una ventata di novità, come si suol dire. Ma non sempre è così. Non lo è, ad esempio, per i bambini e i ragazzi che, avendo un disturbo dell’apprendimento, si trovano a lottare quotidianamente con la scuola, dove vivono la maggior parte della loro giornata e dove dovrebbero trovare un aiuto alle proprie esigenze per studiare almeno serenamente; e dove, invece, trovano – mi duole dirlo: nella maggior parte dei casi – ostacoli talvolta insormontabili.
Siamo in Italia, dove quello che serve davvero solitamente manca, e quello che c’è funziona male. Capita così che proprio in Italia abbiamo una delle migliori leggi mai promulgate nella storia (la 170 del 2010, che ogni famiglia di un ragazzo con DSA conosce più che bene), una legge che in Europa guardano con attenzione; una legge che, prendendo atto degli studi più autorevoli in materia di disturbi dell’apprendimento, riconosce l’importanza e la gravità dei medesimi e fissa una serie di “rimedi” allo scopo di facilitare e rendere più sereno il percorso scolastico di chi ne è affetto. In più, la “cultura” dei DSA sta via via crescendo e i percorsi diagnostici, nel tempo, sono diventati sempre più efficienti – e la Valle d’Aosta è un buon esempio di efficienza, ancorché le liste d’attesa per accedere alle diverse valutazioni siano lunghissime, ma questo è tutto un altro discorso –, così che l’accesso alla diagnosi e alla conseguente certificazione è oggi piuttosto semplice.
Ma, appunto, siamo in Italia. A fronte di un’ottima legge e di un processo diagnostico che funziona, ecco che a non funzionare è proprio quel meccanismo che dovrebbe mettere in pratica quanto emerso dalla diagnosi: la scuola. Così, paradossalmente (ma forse neppure troppo…), dopo una diagnosi di DSA precisa e non discutibile, la scuola predispone il Piano Didattico Personalizzato e poi tutto finisce. Nel senso che gli insegnanti, di fatto, non lo mettono quasi mai in pratica. Assistiamo allora a vicende tanto paradossali quanto purtroppo tristi perché drammaticamente reali: insufficienze anche gravi in matematica appioppate ad alunni discalculici; verifiche di ortografia assegnate anche ad alunni disortografici; produzioni scritte sempre di alunni disortografici dove non vengono considerati gli errori di ortografia (e ci mancherebbe!), ma si segnano in rosso errori di morfologia e sintassi; alunni dislessici gravi ai quali si rimprovera di non riuscire a rispondere a domande di comprensione su un testo in francese o inglese; alunni disgrafici gravi ai quali non viene consentito di utilizzare il computer per prendere appunti durante la lezione; per non parlare – non riguarda il nostro argomento ma è fatto significativo – di alunni con ADHD cui vengono elargite note disciplinari perché si dondolano sulla sedia o non riescono a stare fermi. La conseguenza di tutto questo sono le pagelle di fine quadrimestre, arrivate giusto in questi giorni, che riportano insufficienze o laconici 6, i quali neppure minimamente rendono giustizia di tutta la fatica, di tutta la frustrazione, di tutto il lavoro in più con cui questi bambini e questi ragazzi sono costretti a fare i conti tutti i giorni. E i genitori che vanno a chiedere conto di tali nefaste valutazioni si sentono dire, con una leggerezza disarmante, che devono essere contenti di quei voti, i quali anzi sono stati gonfiati perché «dovrebbero essere ben più bassi».
Una realtà deprimente, che accomuna praticamente tutti i miei clienti. E allora sorge spontaneo chiedersi perché. La causa di questi problemi (vecchi, conosciuti, eppure sempre attuali) va cercata nella scarsa formazione degli insegnanti su questi temi? Oppure nell’incompetenza e nella presunzione di molti che, trincerati dietro la cattedra, si ostinano talvolta a considerare “sciocchezze” i disturbi dell’apprendimento? Oppure ancora in un sistema scolastico malato che non riesce a sostenere adeguatamente gli insegnanti in questa ulteriore “fatica”? Tuttavia, tutto si può capire, ma non l’arroganza e la superficialità: tocca allora ai dirigenti scolastici controllare che i PDP vengano messi in pratica correttamente, che gli insegnanti si formino adeguatamente, che vengano tenute in considerazione le indicazioni che i professionisti competenti vanno a fornire a scuola.
Tutto questo è possibile. Perché non sarebbe giusto, come in ogni vicenda umana, fare di tutta l’erba un fascio, e va detto che ci sono scuole virtuose dove l’attenzione per i DSA è alta e concreta, dove la formazione e la competenza sono di qualità, dove gli insegnanti ascoltano, si mettono in discussione e si impegnano a lavorare seriamente e umilmente per aiutare davvero quei bambini e quei ragazzi che non hanno scelto di avere un disturbo dell’apprendimento e che già fanno tanta fatica per affrontarlo.
Ma di lavoro, purtroppo, ce n’è veramente ancora tanto da fare…

Ancora nessun commento

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Iscriviti al blog per ricevere via e-mail le notifiche di nuovi articoli

Unisciti a 385 altri iscritti

Articoli in evidenza

Articoli per categoria

Articoli per data

Novembre 2024
L M M G V S D
 123
45678910
11121314151617
18192021222324
252627282930