Condividi:          Cara maestra, è da tanto tempo che volevo scriverti questa lettera, ma mi vergognavo sempre e avevo anche un po’ paura che ti saresti arrabbiata con me: per questo, anche quando la mia mamma mi diceva che ti avrebbe parlato lei di queste cose, io non volevo e le ho sempre detto di lasciare stare. […]
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Cara maestra,
è da tanto tempo che volevo scriverti questa lettera, ma mi vergognavo sempre e avevo anche un po’ paura che ti saresti arrabbiata con me: per questo, anche quando la mia mamma mi diceva che ti avrebbe parlato lei di queste cose, io non volevo e le ho sempre detto di lasciare stare. Però adesso sono davvero triste e, dopo l’ultima verifica di geografia, ho deciso di scriverti, e se ti arrabbierai pazienza, tanto poi il prossimo anno andrò alle medie e non sarai più la mia maestra. Non vedo l’ora!
L’anno scorso, quando ho scoperto di avere il DSA, non ho capito bene che cosa voleva dire. Ero andato da tanti dottori diversi, ognuno mi aveva fatto fare dei giochi, delle prove, degli esercizi: adesso so che si chiamavano logopedista, psicologo, neuropsichiatra. Proprio quest’ultimo, una volta quando sono andato insieme ai miei genitori, mi ha spiegato che io ero un bambino intelligente e sveglio come tutti gli altri, però avevo questa cosa un po’ strana ed era per questo che non riuscivo bene a leggere, che facevo tanti errori quando scrivevo e che proprio non mi riusciva di capire la matematica, di fare le operazioni, di risolvere i problemi. Io mi ricordavo, sai, di tutte le volte che tu mi avevi sgridato, ti eri arrabbiata con me, mi avevi detto che non studiavo e mi avevi dato i voti brutti perché scrivevo male o perché continuavo a mettere la f al posto della v o la p al posto della q, oppure perché non riuscivo a mettere in colonna le cifre per fare la moltiplicazione. Il dottore allora mi ha detto che da quel momento in poi non dovevo più preoccuparmi, perché i miei genitori dovevano portare a scuola un foglio (lui l’ha chiamato “certificazione”) e le maestre poi dovevano aiutarmi tipo farmi le verifiche più facili, lasciarmi tenere davanti degli schemi, non farmi studiare a memoria le cose difficili e lunghe, farmi usare la calcolatrice, non contarmi gli errori di grammatica nei testi. Infatti mi ha anche detto che il mio DSA mi fa anche la memoria più fragile, quindi io non riuscivo a ricordarmi le cose anche se le studiavo tanto.
Ti ho detto che subito non ho capito bene tutto questo, ma poi, quando abbiamo incominciato la quinta, ho capito meglio. Ho capito che questo DSA me lo terrò per tutta la vita, perché non è una malattia e non posso guarire; ma forse è meglio così, perché una malattia è brutta e magari puoi anche morire, invece il DSA in fondo è come un nemico che mi fa tribolare a scuola e quando studio, ma il dottore e i miei genitori mi dicono sempre che posso trovare le armi giuste e combatterlo. E poi magari da grande sarò come Albert Einstein o John Lennon o Jim Carrey: loro sono famosi, hanno fatto successo, eppure sono dislessici proprio come me, l’ho scoperto su internet insieme a mamma e papà. Per aiutarmi a combattere meglio questo nemico, i miei genitori mi mandano a volte dalla logopedista, e adesso tutte le settimane vado da Andrea: lui è un dottore (senza il camice bianco però) che aiuta i bambini che hanno il DSA a studiare meglio, e mi sta insegnando a usare bene il computer perché mi servirà alle medie per scrivere, leggere i libri digitali e fare le mappe mentali.
Cara maestra, perché invece tu non mi hai mai aiutato? La mia mamma dice che tu sai che io ho il DSA perché te lo ha spiegato l’anno scorso e perché a scuola avete scritto un documento che si chiama PDP dove ci sono tutti gli aiuti che io ho bisogno per riuscire meglio a studiare e a capire le materie. Poi so che qualche mese fa il mio papà e Andrea sono venuti a parlare con te perché hanno capito che tu non mi aiutavi tanto e continuavi a farmi studiare le cose a memoria, a farmi le verifiche difficili e a darmi i voti brutti come 5 e 6 anche se io studio tanto ma le cose proprio non mi restano in mente. Ma non è colpa mia! Ma anche dopo che è venuto Andrea a spiegarti bene come stanno le cose e a dirti che cosa mi serve per andare meglio a scuola, tu hai continuato a fare di testa tua, come se niente fosse! E adesso mi hai messo una nota sul diario perché dici che non ho studiato il Lazio. Ma non è vero! Io ho studiato tantissimo, però non ci riesco proprio a ricordarmi le cose, per questo ho bisogno di avere degli appunti o uno schema che mi aiuta, ma tu non me lo fai tenere e la verifica era lunga e piena di cose da sapere a memoria, come tutte le province del Lazio o come i capoluoghi di tutte le regioni d’Italia, e io non ci sono riuscito a fare questa verifica e tu ti sei di nuovo arrabbiata con me. Così sono tornato a casa e mi sono messo a piangere, perché non è giusto! Io studio tanto, ma ho il DSA che mi rende tutto difficile, e tu invece di aiutarmi, maestra, mi sgridi e mi metti la nota.
Adesso allora io ti ho scritto questa lettera, perché sono proprio tanto arrabbiato con te. Il prossimo anno io andrò alle medie e spero di trovare dei professori che mi capiscono e mi aiutano davvero. Però spero anche che tu vai in pensione, visto che ormai sei vecchia. Sì, perché così lasci il posto magari a una maestra più brava, che ha studiato di più di te, che capisce che cos’è il DSA, che aiuta i bambini che ce l’hanno e fa le verifiche più facili e non li sgrida e non gli mette la nota, perché magari questi bambini studiano tanto e poi non riescono lo stesso. Tu, maestra, non sei una brava maestra, perché pensi che hai sempre ragione tu e non hai mai ascoltato chi ti parlava di me e dei miei problemi, poi non hai mai voluto capire davvero il DSA e non hai mai capito che io mi impegno tanto. Mi prometti che l’anno prossimo vai in pensione? O almeno, se non ci vai, mettiti a studiare, perché adesso non sai davvero niente.
Ciao.

 
Questa lettera non è reale, non l’ha scritta un bambino con disturbi dell’apprendimento: l’ho scritta io. Però i fatti che vi ho citato sono reali, purtroppo, come tutti quelli che ho raccontato tante volte su questo blog e che quotidianamente incontro nel mio lavoro. Questa lettera avrebbe potuto scriverla ognuno dei bambini, dei ragazzi e dei giovani che ogni giorno lottano non solo con i propri disturbi, ma anche con insegnanti incompetenti, ottusi e inadeguati al ruolo che ricoprono, insegnanti che sono un ostacolo per chi di ostacoli ne incontra già tanti, troppi. Questa lettera è rivolta a questi insegnanti: se non capiscono, si informino; se non sanno, studino; se non riescono, ascoltino chi va a parlare con loro.
Ma se non vogliono capire, sapere, riuscire, allora cambino mestiere: faranno certo meno danni di quanti ne stiano facendo adesso ai bambini che, senza meritarlo, si ritrovano come alunni.

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