A poco più di un mese dalla chiusura delle scuole a causa dell’epidemia di Coronavirus, ad un mese dall’inizio della didattica a distanza e senza alcuna certezza sul quando – e sul se – si ritornerà sui banchi, voglio offrire il mio contributo alla riflessione sul funzionamento della DAD. Riflessione che vede giustamente coinvolte molte voci, più o meno autorevoli, che rimbalzano sui giornali e (soprattutto) sui social, a commentare, criticare, suggerire, dire tutto e il contrario di tutto nei confronti di un sistema nel quale insegnanti e studenti si sono trovati improvvisamente “immersi”, spesso senza conoscerlo davvero e, comunque, senza averlo mai utilizzato nella didattica quotidiana.
In particolare, vorrei affrontare la questione dal punto di vista dei bambini e dei ragazzi con disturbi dell’apprendimento. Perché è di questo che io mi occupo e perché, continuando a lavorare – anche io a distanza, tramite Skype – con i miei clienti abituali, ascolto ogni giorno da loro le difficoltà e i problemi con cui sono costretti a misurarsi nella scuola di questo periodo.
Ho infatti letto davvero tanti articoli e tanti post sui social, ho ascoltato diversi commenti, a partire da quelli della ministra Azzolina fino ad arrivare a quelli dei dirigenti scolastici e di tanti docenti: tutti a parlare e a preoccuparsi di come far funzionare al meglio questo sistema, di come fare di tutto affinché gli studenti continuino a lavorare e ad impegnarsi come quando si andava a scuola, di come aiutare loro (e se stessi…) a conoscere e poi a usare con profitto i vari Classroom, Meet, mail, app Google e via di seguito. Giusto, per carità.
Però ho letto pochissimo, se non addirittura nulla, su didattica a distanza e disabilità in generale. Così, senza alcuna pretesa di essere una voce autorevole, scrivo qui alcuni pensieri, con l’auspicio – questo sì – che qualche mio lettore aggiunga la sua voce alla mia e che qualche insegnante, se mi leggerà, possa trarne spunto.
L’uso delle piattaforme online
Ho letto, e condivido in pieno, che gli studenti con DSA non sono automaticamente degli esperti informatici. È vero, i ragazzi certificati usano il computer e software compensativi per sopperire alle proprie difficoltà e studiare efficacemente. Ma non tutti li usano e, comunque, non sono degli esperti informatici!
Non dimentichiamo, mai, che la stragrande maggioranza dei ragazzi con disturbi dell’apprendimento fa molta fatica ad apprendere le procedure. Così come per loro è molto complesso – talvolta, anzi, praticamente impossibile – ricordare procedure e funzioni nell’uso di un software compensativo (o di un software tout court), allo stesso modo è stato ed è ogni giorno molto faticoso apprendere, memorizzare e mettere in pratica le numerose sequenze da seguire nella didattica online. E così molti di questi studenti spesso “si perdono”: consegnano i compiti via mail anziché su Classroom, oppure non ritrovano le richieste degli insegnanti, oppure ancora sbagliano a compilare i questionari di Google o non riescono a entrare nelle videolezioni su Meet.
Le videolezioni e l’attenzione
Un’altra difficoltà quasi sempre presente nei ragazzi con DSA è mantenere l’attenzione per un lungo periodo di tempo. Anche senza una diagnosi di ADHD, infatti, dobbiamo tenere presente che la mente di questi alunni si affatica molto più rapidamente di quella dei compagni, dal momento che l’impiego di risorse è notevolmente superiore. È pertanto naturale – e per loro necessario – distrarsi di tanto in tanto. Non c’è insegnante che non sappia bene quanto sia importante, con questi bambini e ragazzi, mantenere costante il contatto visivo, chiamarli per nome ogni volta che una mosca vola e loro la seguono con lo sguardo, porre loro qualche domanda ogni tanto, così da mantenerli attenti e presenti mentalmente oltre che fisicamente.
Ebbene, sfido qualunque insegnante, anche i più bravi, a riuscirci in videolezione! Se uno studente si distrae durante la lezione su Meet, l’insegnante non se ne accorge; se la mosca vola e lui la segue, le parole del docente volano anch’esse, ma lontano, lontano… e sono perse! E non c’è contatto visivo, non c’è richiamo per nome, non c’è domanda che possa far tornare la loro mente presente, se non quando l’insegnante ne ponga una formale.
A questo proposito mi collego ad un problema parallelo: quello di trovarsi a casa propria. Un ragazzo con DSA ottiene enormi vantaggi dall’ambiente scuola per il solo fatto di starci dentro: la presenza degli insegnanti, l’aiuto dei compagni, il continuo feedback offerto dal “circuito” spiegazione-domanda-chiarimento-rinforzo, la possibilità di uscire in gruppo ristretto con l’insegnante in compresenza lo aiutano a “stare sul pezzo” e sopperiscono, almeno in parte, alle sue difficoltà.
A casa tutto questo manca, inesorabilmente. Ai problemi di attenzione che il ragazzo ha di suo, quindi, si aggiungono l’impossibilità di ricevere l’aiuto offerto dal contesto scolastico e l’indubbia distraibilità causata dall’ambiente domestico. So di studenti che seguono le videolezioni e contemporaneamente chattano su WhatsApp o giocano alla PlayStation: terribile per tutti, figuriamoci per quelli con un disturbo! E qui ci scappa il dilemma storico: è più opportuno che questi ragazzi stiano nella propria camera (o comunque in una parte della casa loro riservata), da soli ma a rischio distrazione, oppure in sala o in cucina, sotto l’occhio vigile dei genitori ma quasi certamente disturbati dalla presenza di questi? Non fornisco risposte, sollecito riflessioni.
I tempi ristretti
Disturbo dell’apprendimento è sinonimo di tempi lunghi. Bambini e ragazzi con DSA hanno bisogno di più tempo per portare a termine praticamente qualunque tipo di compito: memorizzare materiale nuovo – quando ci riescono –, svolgere un esercizio (per qualunque materia), preparare uno schema o un riassunto, costruire una mappa concettuale, usare lo schema e la mappa concettuale durante un lavoro in classe.
La DAD impone tempi ristretti: durante la videolezione, nello svolgimento dei compiti e, soprattutto, nella consegna degli stessi – Classroom è inesorabile: se non consegni, lo segnala, e la conseguenza normalmente è un «N.C.» sul registro elettronico –, nella compilazione di una verifica su Google Form; nonché, come dicevo prima, nell’apprendimento di nuove istruzioni e procedure.
Agli insegnanti che mi leggono mi sento di consigliare di prestare attenzione a questa necessità di tempi più “dilatati”; e invito i genitori a parlare con i docenti, a chiedere via mail tempi lunghi. Ad esempio, la scorsa settimana una ragazzina che seguo avrebbe dovuto consegnare un elevato numero di esercizi di grammatica italiana; non ce la faceva, ha avuto bisogno del mio aiuto; e anche con il mio aiuto è stato necessario suddividere il compito in due parti. Così, ho proposto ai genitori di scrivere alla docente di italiano, spiegando che la prima parte del compito sarebbe stata consegnata nei tempi richiesti, la seconda qualche giorno più avanti. Così è stato, l’insegnante ha accolto la richiesta e la ragazzina ha terminato il compito con maggiore tranquillità. Si può fare, si deve fare!
Gli strumenti compensativi
Non sono vietati causa Coronavirus! Tutti gli strumenti compensativi, così come le misure dispensative, previsti dal PDP devono essere assolutamente garantiti anche in questo periodo. Dunque in occasione di verifiche e interrogazioni online i ragazzi devono avere a disposizione gli schemi e le mappe che hanno preparato durante lo studio – e che devono aver inviato agli insegnanti con congruo anticipo, questo è un memo per gli studenti! –, la calcolatrice e quant’altro.
In particolare, gli insegnanti dovrebbero prestare molta attenzione al materiale che inviano, ricordando che i ragazzi con DSA devono poterlo usare con gli strumenti abituali. Ieri, ad esempio, lavoravo con un ragazzino che doveva svolgere un compito di inglese: la docente aveva inviato su Classroom una scheda in PDF su cui erano contenuti esercizi di completamento, ma il documento era protetto da password e perciò non modificabile. Il mio cliente, quindi, ha dovuto scrivere ex novo tutte le frasi in inglese su un documento di testo che ha poi inviato. Se la scheda in PDF non fosse stata protetta, invece, grazie al software PDF-XChange Editor l’alunno avrebbe potuto completare gli esercizi direttamente su di essa, con evidente risparmio di tempo e di fatica, dal momento che è disortografico.
Sempre ieri, sul computer di un’altra ragazzina non abbiamo potuto installare AnyDesk, grazie al quale io posso vedere lo schermo a distanza. Perché? Perché il computer in questione è un famigerato Chromebook concesso dalla scuola, sul quale a livello amministrativo non è stata concessa la possibilità di installare alcun software! E pensare che AnyDesk esiste anche per il Chromebook…
Piccole attenzioni che, però, fanno una grande differenza per ragazzi in difficoltà.
Ho citato il «famigerato Chromebook»: se ho sempre ritenuto che questo computer non sia assolutamente adeguato agli studenti con DSA, a maggior ragione in questo momento storico confermo la mia posizione. Ma i motivi sono tanti, e vi prometto un prossimo articolo dedicato esclusivamente a questo argomento.
Le verifiche e la valutazione
Quest’ultimo aspetto è sicuramente complicato: fornire agli alunni con DSA verifiche differenziate, laddove previste dal PDP. La maggior parte delle verifiche viene svolta sui questionari di Google, ed è uguale per tutta la classe. È un sistema chiuso: se rispondi correttamente ti viene assegnato un punto, se sbagli o non rispondi zero punti.
È quindi davvero molto importante che gli insegnanti prevedano questionari diversi per gli studenti con PDP, così come a scuola predispongono verifiche diverse; oppure, che almeno intervengano a posteriori sulla valutazione, dal momento che il “freddo” punteggio assegnato dal sistema non tiene conto delle difficoltà incontrate dal singolo ragazzo.
Detto questo, non si dimentichi l’opportunità – che in molti casi diventa quasi l’unica via percorribile per una valutazione veramente valida – di interrogare i ragazzi singolarmente, in videochiamata: solo in questo modo il docente può ristabilire, anche a distanza, quella relazione uno a uno così importante per uno studente con DSA.
In sostanza, quindi, il messaggio che ho voluto trasmettere con queste righe è che anche in questo periodo non può e non deve mancare una vera didattica individualizzata per gli studenti con disturbi dell’apprendimento. Se applicata correttamente – e accade in molti dei casi di cui ho conoscenza, grazie ad insegnanti attenti e preparati –, i ragazzi lavorano bene, continuano ad apprendere e ottengono ottimi risultati. In caso contrario, però, si otterrà la conseguenza di mettere questi ragazzi ancor più in difficoltà di quando sono sui banchi di scuola.
Mi auguro di ricevere i vostri commenti, perché mi piacerebbe davvero allargare questo confronto con il maggior numero possibile di persone.
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