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Psicologi per i Popoli al campo di San Giacomo

Da mercoledì scorso sono di nuovo qui, a San Giacomo, al “mio” campo. Un po’ perché richiesto da Psicologi per i Popoli, un po’ per scelta personale, sono venuto a trascorrere gli ultimi dieci giorni di vita di questo campo, che la Protezione Civile di Torino sta per lasciare: venerdì, infatti, ci sarà l’avvicendamento della Regione, le strutture vengono smontate, i volontari che, a turni settimanali, si sono avvicendati per sei mesi se ne andranno definitivamente.
Tutto questo lascia un vuoto proprio in quelle persone alle quali abbiamo finora portato sostegno. Tutti sanno che il nostro era un intervento in emergenza, e per questo temporaneo; tutti sanno che prima o poi ce ne saremmo andati via. Tutti sanno. Eppure quando il momento arriva – siamo uomini e donne – il vuoto arriva, e forte. Dunque, io e i miei colleghi siamo qui principalmente per stare insieme alla gente, ancora una volta, per far sì che questo vuoto sia un po’ meno vuoto; e perché siamo un ponte tra questo mondo un po’ strano e quello reale che, seppure interrotto per qualche mese, esiste e deve tornare ad essere il mondo degli Aquilani.
Ma il bello è che il vuoto arriva anche dentro i volontari, dentro ciascuno di noi, e lo sentiamo perfettamente. Quindi siamo qui anche per questo, per noi stessi: per aiutarci ad andarcene senza soffrire e senza far soffrire, possibilmente.
Esserci. Esserci adesso. Ora so che è stata la scelta giusta. Andare via tutti insieme, salutarci, ringraziarci: i residenti noi per l’aiuto che abbiamo dato loro; noi i residenti per l’accoglienza, l’affetto, l’ospitalità che ci hanno riservato in questi sei mesi. Esserci per abbracciarci, per dirci «Arrivederci», per piangere insieme, anche; perché piangere è normale e fa anche bene, ma è peggio se lo si fa da soli, è molto meglio se possiamo farlo insieme.
Guardo fuori dal camper della direzione, adesso. Molte strutture sono già imballate e pronte a partire, qualcosa della Regione è già arrivato pronto a proseguire ancora per qualche tempo quanto abbiamo fatto noi finora. I bambini giocano come sempre. Ma gli occhi rivelano un velo di tristezza, quella giusta di chi vede un amico andare via. E allora, per due giorni ancora, posso guardare dentro quegli occhi, sorridere a quei volti, stringere quelle mani, abbracciare quelle spalle.
Volersi bene è aiutarsi quando è necessario. Volersi bene è salutarsi quando restare non è più necessario. Sapendo però che il saluto non è un addio, perché volersi bene è restare uniti anche a distanza, e tornare a vedersi, almeno ogni tanto.
Volersi bene è esserci, sempre.

Nella foto: Geppi, Amedeo, Adriana, Enrica ed io, psicologi e amici per la gente di San Giacomo.

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