Dai dati pubblicati dal Ministero dell’Istruzione risulta che la regione con il maggior numero di studenti certificati per DSA nell’anno scolastico 2020-21 sia la Valle d’Aosta. Qual è il motivo di questa prevalenza? Per capirlo, è necessaria una lettura corretta dei dati.

 

 

NEL mese di ottobre del 2022 il Ministero dell’Istruzione ha pubblicato il documento I principali dati relativi agli alunni con DSA, relativo agli anni scolastici 2019-20 e 2020-211, che si può trovare e scaricare liberamente sul sito del Ministero, ma che ho messo a disposizione dei miei lettori qui.

Come sempre, la pubblicazione è molto interessante per chi come me lavora nel mondo dei disturbi dell’apprendimento, ma anche per le famiglie e gli insegnanti di bambini e ragazzi che hanno una certificazione di DSA.

I dati forniti sono molti e lascio a ciascuno di voi la curiosità di leggerli per conoscere la situazione aggiornata — a due anni fa, ma questi sono i tempi richiesti dalla raccolta, dall’analisi, dalla manipolazione e dalla pubblicazione dei dati — relativa agli alunni con DSA nel nostro Paese.

In questo articolo, dopo avervi presentato la panoramica più generale, ho intenzione di richiamare la vostra attenzione su un dato decisamente interessante, specie per i Valdostani: la nostra piccola regione detiene — e non è la prima volta! — il primato per numero di studenti con disturbi dell’apprendimento, con una media, come vedremo, di gran lunga più elevata di quella nazionale.

Ma allora, potremmo chiederci, in Valle d’Aosta si concentra la maggioranza dei bambini e dei ragazzi con DSA? Perché questo succede? E potremmo anche chiederci, di riflesso: in Calabria, regione con la percentuale minore, gli studenti «stanno meglio» dei nostri, visto che i casi di DSA sono di molto inferiori?

Cerchiamo di dare insieme una risposta a questi interrogativi, imparando a leggere correttamente i dati e a ragionare con maggiore consapevolezza.

Disturbi dell’apprendimento: la situazione in Italia

La Tavola 1 del documento ministeriale2 presenta i dati generali suddivisi per ordine di scuola.

Nell’anno scolastico 2019-20 gli alunni con DSA in Italia erano il 5,3% del totale della popolazione studentesca (318.678 su 6.044.800), dei quali il 3,3% nella scuola primaria — a partire dalla 3ª classe, da quando cioè è possibile diagnosticare correttamente tutti i disturbi dell’apprendimento, compresa la discalculia —, il 6,2% nella secondaria di primo grado e il 5,9% nella secondaria di secondo grado.

Nell’anno scolastico 2020-21 il totale è salito di poco, attestandosi al 5,4% (326.548 su 6.032.670 studenti), di cui il 3,0% nella scuola primaria e il 6,3% sia nella secondaria di primo grado che in quella di secondo grado.

Questa panoramica generale ci mostra un primo aspetto interessante: i bambini con DSA della scuola primaria sono stabilmente inferiori rispetto ai ragazzi della secondaria. E questo accade fin dall’anno scolastico 2014-15 — quando primaria e secondaria di secondo grado hanno “pareggiato” al 3% —, mentre solo in precedenza gli alunni delle elementari certificati erano più dei ragazzi delle superiori; ma sempre — a partire dal 2010-11, anno di entrata in vigore della legge 170/2010 sui DSA — il loro numero è stato inferiore a quello degli studenti di scuola media3.

In particolare, nell’anno scolastico 2018-19 (quello oggetto della precedente rilevazione del MIUR) gli alunni con disturbi dell’apprendimento erano il 4,9% del totale (298.114 su 6.077.483), dei quali il 3,1% di scuola primaria, il 5,9% di scuola secondaria di primo grado e il 5,3% di scuola secondaria di secondo grado4.

Secondo Di Pietrantonj e Ghidoni, una possibile spiegazione al minor numero di certificazioni nella scuola primaria è che

le modalità didattiche adottate a questa età possono essere già in qualche misura «compensative» pertanto non fanno emergere i casi meno clinicamente rilevanti, che invece emergono a partire dalla scuola secondaria di primo grado quando il carico di lavoro aumenta.5

Non è un caso infatti, a conferma di questa ipotesi, che di tutti i ragazzi che seguo in studio come tutor per i disturbi dell’apprendimento il numero minore è quello dei bambini di scuola primaria, mentre la maggior parte è composta da ragazzi di scuola secondaria, equamente distribuiti sui due gradi.

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La distribuzione geografica e le enormi differenze tra Nord e Sud

Quello che, tuttavia, salta maggiormente all’occhio leggendo i dati del Ministero è la differenza — davvero eclatante — nella distribuzione degli studenti con DSA nelle diverse realtà territoriali italiane.

Dal Grafico 3 della pubblicazione6 si può vedere che, a fronte della media nazionale del 5,4% di alunni certificati sul totale della popolazione studentesca, il Nord Ovest presenta un’incidenza del 7,9%, il Nord Est del 5,8%, il Centro del 6,7%, mentre il Sud si attesta su una media del 2,8%, di gran lunga inferiore a quella nazionale.

Tale situazione si è presentata sistematicamente tutti gli anni. In particolare, facendo nuovamente un confronto con la precedente rilevazione, possiamo vedere che nell’anno scolastico 2018-19 il tasso di prevalenza per il Nord Ovest era del 7,3%, per il Nord Est del 5,7%, per il Centro del 5,9% e per il Sud del 2,5%7.

L’andamento della prevalenza degli studenti certificati per DSA, a partire dall’anno scolastico 2010-11 e fino al 2018-19 è cresciuta linearmente dello 0,5% ogni anno a livello nazionale. Mentre, però, la crescita è stata tra lo 0,5% e lo 0,7% al Nord e al Centro, al Sud si è fermata allo 0,3%8.

Analizzando i dati relativi alle singole regioni9, vediamo che tanto nel 2019-20 quanto nel 2020-21 la Valle d’Aosta ha restituito i valori più elevati — 8,0% e 8,4% rispettivamente —, seguita dalla Liguria (8,0% e 8,3%). “Fanalini di coda” la Sicilia (2,2% e 2,3%) e la Calabria, ferma a un incredibilmente esiguo 1,6% in entrambi gli anni.

A questo punto, quindi, potrebbe legittimamente sorgere spontanea una domanda: come mai in Valle d’Aosta c’è un numero così elevato di studenti con disturbi dell’apprendimento? I ragazzi “stanno meglio” in Calabria, dove meno di 2 su 100 hanno un DSA?

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Un confronto sovranazionale

Prima di rispondere a questo interrogativo, vorrei richiamare la vostra attenzione sulla situazione degli studenti con disturbi dell’apprendimento al di fuori dei confini della nostra Italia.

A livello mondiale, secondo la International Dyslexia Association, circa il 13-14% degli studenti ha una condizione di disabilità tale da rendere necessaria una didattica personalizzata. Di questi, la metà — dunque il 6-7% del totale — è costituita da ragazzi che hanno ricevuto una diagnosi di disturbi dell’apprendimento10.

Per quanto riguarda l’Europa, l’Associazione Europea Dislessia stima che l’incidenza di soggetti con disturbi dell’apprendimento sulla popolazione globale sia del 9-12%11.

Quindi è evidente che vi sono Paesi dove le percentuali dei DSA diagnosticati12 sono decisamente superiori a quelle rilevate in Italia.

Per meglio dire: a quelle medie rilevate in Italia. Già, perché il punto nodale della questione sta proprio qui.

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I motivi alla base delle differenze geografiche

Visti i dati mondiali ed europei, la percentuale di ragazzi con certificazione per DSA della Valle d’Aosta non appare più così elevata e neppure così strana: il dato che si attesta intorno all’8% è assolutamente in linea con quelli sovranazionali. Ma allora perché non è così nel resto dell’Italia?

L’analisi di Di Pietrantonj e Ghidoni13 prende in considerazione tre possibili motivi alla base delle (notevoli) differenze geografiche tra Nord e Sud Italia.

  • Da parte degli insegnanti vi può essere «una differente consapevolezza sociale dei problemi derivanti dai disturbi specifici dell’apprendimento», con la conseguenza di una differente richiesta di diagnosi o, comunque, di una minore propensione a suggerire alle famiglie di procedere con la valutazione degli alunni che presentano evidenti difficoltà.
  • Da parte dei genitori «persiste la paura dello “stigma”» e quindi «in alcuni casi le famiglie, pur avvertite delle difficoltà del figlio o della figlia, non avviano l’iter diagnostico». E questo è vero a maggior ragione per le famiglie svantaggiate dal punto di vista socio-economico e culturale, che spesso non comprendono fino in fondo il problema o non sono informate sulle possibilità e sulle modalità di accesso ai percorsi di valutazione.
  • Il terzo motivo è legato alle realtà territoriali in quanto tali, alcune delle quali possono presentare problemi di accessibilità all’iter diagnostico: «alcune regioni hanno accreditato molti enti e soggetti privati rendendo più accessibile l’iter diagnostico sebbene in molti casi per le famiglie oneroso e foriero di diseguaglianze sociali, mentre altre regioni presentano regolamentazioni più restrittive che di fatto limitano l’accesso all’iter diagnostico ai soli servizi pubblici, che possono risultare insufficienti a soddisfare le richieste».

Ricordo, per completezza di informazione, che la Valle d’Aosta rientra in quest’ultimo caso: non esiste nella nostra regione una convenzione con enti o soggetti privati e, ancorché sia possibile attivare la valutazione presso liberi professionisti — psicologo, logopedista, neuro psicomotricista, neuropsichiatra infantile —, la certificazione può essere rilasciata soltanto dall’USL.

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Percentuale di alunni certificati, non di alunni con DSA!

I motivi che abbiamo appena visto sono tutti legati al percorso di valutazione. Ecco, quindi, che arriviamo ad affrontare e capire il nocciolo dell’intera questione di questo articolo.

Si tratta di un’osservazione tanto semplice quanto però molto spesso tralasciata: tutti i dati che vengono diffusi, le percentuali, i confronti tra livelli di scuola e tra aree geografiche fanno riferimento solo ed esclusivamente alle certificazioni rilasciate, mai e poi mai ai ragazzi con DSA!

E non potrebbe essere che così: le scuole — dalle quali il Ministero riceve ogni anno i dati — sono a conoscenza degli alunni certificati; in nessun modo potrebbero sapere se ci siano (e quanti siano) alunni non certificati che hanno un disturbo dell’apprendimento.

Quindi, chiarito questo aspetto fondamentale, ecco che la risposta alla “grande domanda” che ho proposto nel titolo di questo articolo diventa semplice: no, la Valle d’Aosta non è la regione con il maggior numero di bambini e ragazzi che presentano disturbi dell’apprendimento; invece, è la regione d’Italia con il maggior numero di studenti certificati per DSA.

Questo rappresenta senza dubbio un tratto decisamente positivo della nostra regione: in generale i nostri insegnanti sono piuttosto attenti nel segnalare alle famiglie le difficoltà degli alunni, i genitori hanno una buona cultura sui disturbi dell’apprendimento e non attendono più di tanto a portare i figli in valutazione, infine i percorsi diagnostici — pur con tempi ormai biblici, almeno nel pubblico — sono affidabili e consolidati.

Per questo motivo il numero delle certificazioni è elevato, tanto da superare la media nazionale, ma tale da allineare la Valle d’Aosta al trend europeo. E questo significa, a livello di importanza sociale, che altrettanto elevato è il numero di ragazzi con disturbi dell’apprendimento che vengono così “intercettati”, diagnosticati e che, conseguentemente, possono accedere a percorsi di studio individualizzati.

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Il grave problema degli studenti “persi”

I dati ufficiali del Ministero, ricavati sulla base delle informazioni inviate dalle istituzioni scolastiche, si riferiscono quindi agli alunni con certificazione di DSA. Resta allora senza una risposta, altrettanto ufficiale, la domanda di quanti siano, invece, gli studenti con disturbi dell’apprendimento, ancorché non certificati.

Questo dato, ovviamente, non è disponibile. Nel loro contributo, Di Pietrantonj e Ghidoni avanzano una proposta:

l’analisi dei dati pubblicati dal Ministero suggerisce che una stima plausibile è probabilmente più vicina al 10% (~3-4 studenti ogni 2 classi), che al 5% (uno studente per classe), inoltre si evidenzia che esiste ancora un’ampia sotto stima, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, ancora difficile da quantificare.14

Quindi, seguendo questa proposta, potremmo rispondere che in Italia gli alunni con DSA sono circa il 10% del totale della popolazione studentesca. Dato che ci avvicina, in sostanza, alla media (che però è ufficiale) europea e a quella mondiale.

Di questo (stimato) 10%, i dati pubblicati dal Ministero ci dicono che viene “intercettato”, cioè diagnosticato e certificato, poco più del 5% a livello nazionale: la metà. Questo significa che, sempre a livello nazionale, la metà dei ragazzi che potenzialmente soffrono di disturbi dell’apprendimento non viene certificata e, quindi, non accede ai percorsi di studio individualizzati, con tutte le conseguenze che questo comporta sulla fatica che questi ragazzi incontrano e incontreranno a scuola, sul loro scarso rendimento, sul crollo della propria autostima. E, infine, sulla scelta di molti di loro di abbandonare la scuola. Studenti che, in sostanza, vengono inesorabilmente “persi”.

Ancora una volta, però, mi tocca l’ingrato compito di aiutarvi a leggere questi numeri nel reale contesto dal quale vengono ricavati. Il 5% dei ragazzi certificati è, lo ribadisco, la media nazionale. Ma torniamo sulle percentuali per aree geografiche: il Nord è diverso dal Centro, che è diverso dal Sud.

E torniamo sui due casi estremi. In Valle d’Aosta gli studenti certificati sono l’8%: significa che, rispetto al 10% stimato di quelli con DSA, vengono diagnosticati quasi tutti, anche perché sono percentuali riferite ai piccoli numeri di questa regione. In Calabria i ragazzi con diagnosi sono meno del 2%: significa che più di ottanta ragazzi su cento con disturbi dell’apprendimento non ricevono una certificazione, vengono “persi”.

Questo è sicuramente il dato più preoccupante. Un dato che rispecchia un problema gravissimo, che incide profondamente sul tessuto sociale di un contesto geografico già di per sé svantaggiato per diversi motivi. Un contesto geografico che appare incapace di allinearsi a una normativa che il prossimo ottobre compirà tredici anni; e che — questa è la conseguenza più triste — appare incapace di offrire un aiuto concreto a bambini e ragazzi con difficoltà scolastiche importanti, tali da minare seriamente non solo e non tanto il proprio percorso di apprendimenti, ma anche e soprattutto il loro futuro di uomini e donne inseriti nella società e nel mondo del lavoro.

Un problema che, però, pare non aver ancora minimamente toccato le menti dei nostri politici, i quali riservano alla scuola e alla sanità, nei loro sempre più improbabili programmi elettorali e poi nelle loro azioni concrete di governo, un posto davvero residuale.

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Note:

  1. Fonte: MI – DGSIS – Ufficio di Statistica, luglio 2022, a cura di Francesca Salvini.
  2. Ministero dell’Istruzione, Ufficio di Statistica (2022), I principali dati relativi agli alunni con DSA, p. 5.
  3. Di Pietrantonj C., Ghidoni E. (2022), «La prevalenza degli studenti con Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) in Italia», DIS, vol. 3, n. 3, ottobre 2022, p. 322, Trento, Edizioni Centro Studi Erickson.
  4. Di Pietrantonj C., Ghidoni E. (2022), cit., p. 319.
  5. Di Pietrantonj C., Ghidoni E. (2022), cit., p. 326.
  6. Ministero dell’Istruzione, Ufficio di Statistica (2022), cit., p. 9.
  7. Di Pietrantonj C., Ghidoni E. (2022), cit., pp. 320-321.
  8. Di Pietrantonj C., Ghidoni E. (2022), cit., p. 321.
  9. Ministero dell’Istruzione, Ufficio di Statistica (2022), cit., p. 10.
  10. IDA – International Dyslexia Association (2020), Dyslexia Basics, https://dyslexiaida.org/dyslexia-basics, consultato il 7 febbraio 2023.
  11. EDA – European Dyslexia Association, What is dyslexia, https://eda-info.eu/what-is-dyslexia, consultato il 7 febbraio 2023.
  12. Teniamo conto che queste percentuali spesso comprendono anche soggetti adulti, che in molti altri Stati vengono diagnosticati da tempo. In Italia la valutazione degli adulti è una realtà ancora poco diffusa e linee guida per tali percorsi diagnostici sono state pubblicate dall’Istituto Superiore di Sanità esattamente un anno fa: potete leggere il mio articolo La nuova Linea Guida sui DSA pubblicata dall’Istituto Superiore di Sanità.
  13. Di Pietrantonj C., Ghidoni E. (2022), cit., p. 327.
  14. Di Pietrantonj C., Ghidoni E. (2022), cit., p. 328.

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