Non ne faccio una tragedia, ma il nemico è subdolo e imprevedibile. E pericoloso. Per questo, ho paura.

 

 

Quando tutto è scoppiato, lo scorso marzo, ci ha presi alla sprovvista. Io, come tutti, sono rimasto prima sorpreso, poi stupefatto, poi preoccupato. Infine, come tutti, ho seguito le regole, sono rimasto chiuso in casa, non sono più uscito neppure per andare al lavoro — lavoravo da casa, potevo farlo —, solo una volta ogni tanto per fare la spesa.
Ero preoccupato, sì, ma relativamente tranquillo.
Perché sapevo che, restando a casa, non mi sarei contagiato.
Ed è stato così. Sono passato indenne attraverso la prima bufera, poi ho ripreso a lavorare, poi sono anche andato in ferie. Nulla di eclatante, sempre con la mascherina e rispettando le regole di buon senso.

Adesso, invece, ho paura.

I contagi sono di nuovo alle stelle, anche (e soprattutto) qui in Valle. Ho paura di svegliarmi una mattina con la febbre, magari con difficoltà respiratorie. Ho paura di dover fare un tampone e sentirmi dire che è positivo. Ho paura di dover essere ricoverato, di stare male, di far preoccupare la mia famiglia e i miei amici.

Sì, sto continuando a rispettare le regole. Esco di casa solo per andare al lavoro, uso la mascherina, non vedo più amici e parenti. Però vedo gente della mia età che si ammala e ha grossi problemi. Vedo persone che hanno preso precauzioni ma si ammalano ugualmente, magari per un’unica disattenzione avuta chissà quando.

Non ne faccio una tragedia, ma il nemico è subdolo e imprevedibile. E pericoloso. Per questo, ho paura.

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