La “saga” delle vicende legate all’indennità di frequenza, che mi vede protagonista ormai da anni, non finisce mai di riservare sorprese. E io, che del diritto a percepirla mi sono fatto strenuo difensore, continuo a raccontarvi le diverse situazioni che i miei clienti si trovano costretti ad affrontare. Soprattutto quando, come questa, si concludono bene!
Per quei lettori che si fossero “sintonizzati” sul mio sito solo da poco, ricordo in breve che l’indennità di frequenza è un assegno riconosciuto dalla legge ai minori che «presentano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie dell’età», erogato per la durata dell’obbligo scolastico e comunque fino alla maggiore età.
Molte – troppe – volte i miei clienti si sono visti respingere la richiesta per ottenere tale indennità, poiché le commissioni mediche valdostane insistono nel sostenere che i disturbi dell’apprendimento non sono causa di difficoltà persistenti. Salvo poi ottenere l’accoglimento dei ricorsi che io – quando ero convinto che ve ne fossero i presupposti – ho predisposto per loro; oppure addirittura, come accaduto in ben tre casi due anni fa, vincere una causa civile in tribunale e vedersi alla fine riconosciuto il diritto in questione.
Rimando i lettori curiosi ai tanti articoli che ho pubblicato su questo sito: basta scrivere «indennità di frequenza» nel campo di ricerca a destra!
In quest’ultima occasione la situazione era diversa, ed era anche la prima volta che accadeva ad un mio cliente. La ragazza, che io seguo ormai da anni, aveva ottenuto nel 2018 l’indennità di frequenza, peraltro dopo che le era stata respinta dalla commissione medica e solo successivamente riconosciuta grazie al ricorso che avevo preparato.
L’assegno è stato correttamente erogato per tutto l’anno scolastico 2018-19. Poi, nel mese di ottobre 2019 la madre della ragazza ha ricevuto la comunicazione con cui la Struttura organizzativa invalidità civile e tutele – che si occupa di questa materia – ripristinava l’indennità per il nuovo anno scolastico 2019-20. È ovvio che questa comunicazione confermava, tacitamente, la sussistenza dei requisiti, tanto di legge quanto clinici, alla base del diritto a percepire la medesima indennità.
Ecco che però dopo appena due mesi, nel dicembre 2019, la ragazza è stata convocata a visita medica per l’accertamento del persistere delle condizioni che avevano determinato il riconoscimento dell’invalidità civile. Successivamente, nel gennaio 2020, la commissione medica ha comunicato (riporto testualmente) che «la minore in oggetto indicata non presenta più difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della sua età e, pertanto, non ha più diritto alla concessione dell’indennità mensile di frequenza».
Di fronte a una tale aberrazione, la mia cliente non ha avuto dubbi: ha deciso di presentare ricorso contro questa decisione e io gliel’ho preparato di buon grado, anche perché le questioni in ballo erano parecchie. Tuttavia, qui riporto solo le due principali: illustrare dodici pagine di ricorso diventerebbe lungo e noioso, e non servirebbe allo scopo di questo articolo.
I presupposti clinici erano i medesimi
Come ho detto, la ragazza aveva ottenuto l’indennità l’anno prima: la commissione che aveva accolto il ricorso aveva accertato la sussistenza dei requisiti clinici, sulla base della certificazione del neuropsichiatra infantile. I disturbi dell’apprendimento e le altre fragilità diagnosticate configuravano le «difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie dell’età».
Dopo un solo anno, queste difficoltà, in base al riesame, sarebbero magicamente scomparse! Sappiamo invece che i disturbi dell’apprendimento, specie se uniti a difficoltà di attenzione e a fragilità della memoria, non possono “guarire” ed è alquanto improbabile – se non proprio impossibile – che le difficoltà che ne derivano “scompaiano” nel tempo, e comunque non dopo un solo anno.
Dunque, se nel 2018 la mia cliente aveva ottenuto l’indennità di frequenza, nel 2019 non sarebbe stato per nessun motivo né giusto, né logico revocargliela, dal momento che la sua condizione clinica era esattamente la medesima!
Non sono state considerate le difficoltà nella vita quotidiana
È evidente che le «difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie dell’età» non possono ridursi a quelle legate agli apprendimenti in ambito scolastico, ma devono necessariamente estendersi anche alla sfera della vita quotidiana.
La commissione medica del riesame, però, non ha indagato questo ambito: non ha rivolto alla ragazza (e neppure alla madre) alcuna domanda utile a conoscere tutte le moltissime difficoltà che incontra nella sua vita, tanto a livello pratico quanto sociale. Si è invece limitata a considerare il solo ambito scolastico, minimizzando così un problema che, per i ragazzi con DSA, ha una portata devastante, in quanto compromette pressoché tutti gli aspetti della quotidianità.
Il ricorso, esaminato durante l’estate, è stato accolto e a settembre l’indennità di frequenza è stata ripristinata. Un risultato non certo scontato, ma che tanto i genitori della ragazza quanto io auspicavamo fortemente, e che ha premiato la nostra costanza e la voglia di non arrendersi.
Ed è proprio questo il messaggio che voglio passare ai miei lettori: non arrendetevi mai! Quando la pubblica amministrazione lede un vostro diritto – a maggior ragione se già riconosciuto in precedenza –, non fermatevi e andate avanti, percorrendo tutte le strade che la legge, sempre, vi mette a disposizione per ottenere ciò che vi spetta.
Naturalmente, non viaggiate da soli lungo queste strade! Una consulenza approfondita e precisa è quanto mai necessaria per valutare se sia o meno il caso di andare avanti, se vi siano o meno i presupposti – di diritto e di merito – per presentare un ricorso o intentare una causa in tribunale. Io ho le competenze e l’esperienza per fornire questa consulenza: dunque, se vi trovate in un caso come quello che ho illustrato, non esitate a contattarmi e, insieme, capiremo che cosa fare.
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