Questa volta sarò duro, la misura è colma.
Non è possibile che nel 2017, dopo ormai sette anni dall’entrata in vigore della legge 170 (che è appunto del 2010), ci sia ancora chi la ignora. Non è possibile che a ignorarla siano alcuni – troppi, per la verità – insegnanti, proprio coloro cioè che maggiormente dovrebbero conoscerla e metterla in pratica, a beneficio dei propri alunni portatori di disturbi dell’apprendimento.
Non è possibile che esista una professoressa di scuola secondaria di primo grado che si ostina a credere, e comunque a comportarsi in modo tale da farlo pensare, che i disturbi dell’apprendimento non esistano e che un PDP sia carta straccia.
Non è possibile che questa docente, la quale insegna matematica e scienze, non riesca a capire che una sua alunna ha una diagnosi di discalculia grave, per cui non è e non potrà mai essere come gli altri. Che, dopo due incontri a scuola ai quali c’eravamo io, la neuropsichiatra che l’ha diagnosticata e il logopedista che la segue, non abbia ancora inteso che questa ragazzina ha bisogno di strumenti compensativi, compiti ridotti, verifiche facilitate, tempo supplementare, perché – non per sua scelta – non ce la fa. Che persista a propinare alla sventurata alunna decine di esercizi a casa e verifiche lunghe e complesse, uguali a quelle dei compagni.
Non è possibile che questa stessa insegnante, non mettendo l’alunna in condizione di lavorare al meglio, persista poi nel valutarne le verifiche con dei quattro, veri campi di battaglia costellati di correzioni e segni rossi. E che sulle verifiche scriva frasi del tipo «dovevi solo leggere» o «lo abbiamo fatto ieri in classe», ben sapendo (o forse no) che per questa ragazzina ogni volta è una volta nuova, e anche leggere le è faticoso perché è pure dislessica e disortografica.
Non è possibile, questo davvero no, che questa professoressa si diverta a umiliare l’alunna, davanti ai compagni, con considerazioni del tipo «certo che usando la calcolatrice è tutto facile» o «non so come tu sia arrivata alle medie, non sai proprio nulla». Questo non deve esistere, chiedo pubblicamente il licenziamento di questo essere ignobile che si fa chiamare insegnante!
Non è possibile che neppure tra colleghi riescano a mettersi d’accordo, e così alla ragazzina la professoressa di matematica e scienze non concede di tenere gli schemi durante una verifica perché sono troppo ricchi e poco sintetici, mentre il professore di geografia le impone di tenere solo quelli da lui stesso forniti – schede riassuntive lunghe e improbabili da usare come facilitatori per una verifica –, negandole però l’uso di quelli da lei faticosamente preparati in autonomia al computer, sintetici e veloci. Che la solita insegnante di matematica continui a ripetere che i compiti a casa vanno svolti secondo il metodo da lei proposto in classe e non secondo quello che io propongo in studio a questa ragazzina, laddove però lei non capisce quanto spiegato a scuola, mentre svolge correttamente i compiti quando accanto a lei ci sono io.
Non è possibile che non si conosca il concetto di obiettivi minimi, quello di valutazione dei miglioramenti, quello di didattica differenziata, quello di valorizzazione degli sforzi al posto della continua (e anche inutile) repressione degli errori.
Non è possibile che persone così occupino una cattedra, assurgano al ruolo di educatori dei nostri ragazzi, e percepiscano a fine mese uno stipendio di tutto rispetto che pago anche io, ma soprattutto che paga la famiglia di questa ragazzina ingiustamente ostacolata, umiliata, beffeggiata per problemi che già di per sé le fanno male, la costringono a faticare mille volte più dei suoi compagni, la fanno sentire diversa.
Ma diversa non è lei, la ragazzina. Diversa è questa insegnante incapace, incompetente, ignorante. Mi chiedo che cosa sia in grado di pensare, di immaginare per questa sua alunna che si impegna dando l’anima, ma che ha dei limiti evidenti e una diagnosi chiara e inconfutabile. A fine mese avremo l’ennesimo incontro, ancora una volta per provare a spiegarle le cose, per suggerirle strategie, per contestare le insufficienze gravi che persiste a scrivere su quelle verifiche improbabili.
Ma questa volta, dopo i discorsi tecnici, vorrò chiedere a questa docente: e se fosse sua figlia?
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