NEL mondo dell’informatica, così come nella vita, accade spesso che certi strumenti o modalità di lavoro li abbiamo e li conosciamo da tempo, ma li usiamo soltanto quando proprio non possiamo farne a meno. Un esempio eclatante è la videoconferenza.
La tecnologia per trasmettere audio e video a distanza, per mezzo di un computer, un tablet o uno smartphone, esisteva già molti anni prima del Covid, ma era utilizzata prevalentemente da chi doveva viaggiare spesso per lavoro o aveva la necessità di tenersi in contatto con colleghi o parenti lontani. Ad esempio, già nei primi anni del 2000 io usavo quotidianamente Skype — una delle prime e più famose piattaforme di video chiamata — quando lavoravo al Dipartimento di psicologia dell’Università di Torino.
Certo, a “obbligare” molte più persone, anzi praticamente tutti, a usare servizi di videoconferenza è stata la pandemia. Costretti in casa, abbiamo iniziato a lavorare a distanza, e i nostri ragazzi hanno trasformato completamente il loro modo di “andare a scuola”, riuscendo a seguire le lezioni tramite la famosa — e famigerata, lasciatemelo dire — didattica a distanza.
Dal 2020 in poi, quindi, nella nostra vita non solo più di lavoratori, ma anche di studenti e di persone comuni, piattaforme come Google Meet e Zoom sono diventate decisamente conosciute e utilizzate con grande frequenza. Anche altre, naturalmente: chi era già abituato a Skype o a Microsoft Teams ha continuato a usare questi servizi. Io stesso, lavorando a distanza con i ragazzi che seguo come tutor DSA, durante il lockdown mi collegavo con loro su Skype tutti i giorni e questo ci ha consentito di non interrompere il lavoro, che era diventato in quel tempo ancor più prezioso.
Passata la pandemia e tornata la normalità, lo smart working e le riunioni in videoconferenza hanno però continuato a costituire una modalità piuttosto diffusa di lavorare. Non è più stata questione di necessità, bensì di comodità. A ogni modo, al di là di chi già se ne serviva prima del lockdown, in molti abbiamo proseguito sulla strada degli incontri online. Un esempio per tutti, legato al mio lavoro, sono le riunioni per i PEI e anche molte di quelle per i PDP: grazie alla videoconferenza possono partecipare pressoché tutti gli insegnanti — oltre all’equipe sanitaria e ai professionisti esterni — restando tranquillamente chi a scuola, chi nel proprio studio o ambulatorio, chi a casa, ed evitando viaggi anche lunghi e conseguenti perdite di tempo prezioso.
Nondimeno, anche io faccio parte di questa categoria di persone! Capita spesso, infatti, che qualcuno dei ragazzi che normalmente seguo in studio non possa venire per i motivi più vari, oppure debba spostare l’appuntamento in un momento in cui io non sono in studio o lui/lei non ci si possa recare. Ecco allora che lavorare online diventa la soluzione migliore: ciascuno si collega da dove si trova, e l’attività non deve essere annullata.
Certo è che, per lavorare online, occorre usare strumenti adeguati ed efficaci. Come dicevo prima, durante la pandemia ho sempre utilizzato Skype, poiché era la piattaforma che meglio conoscevo e anche perché volevo evitare a tutti i costi Google Meet, che in quei mesi era stra utilizzato — praticamente tutte le scuole italiane, e quella valdostana è tra queste, si servono dei servizi di Google — e quindi assai spesso congestionato.
Successivamente non ho continuato con Skype: nel frattempo era diventato un prodotto di Microsoft, per usare il quale era ed è tuttora necessario registrare un account appunto Microsoft, cosa che non mi trova d’accordo. Per rapidità, quindi, mi sono anche io spostato su Meet, creando allo scopo un account professionale diverso da quello personale che uso per altri motivi.
Tuttavia, non ero soddisfatto. Chi mi segue sa quanto io sia diventato piuttosto “allergico” ai servizi di Big G, a partire dal browser Chrome per proseguire con Gmail e via di seguito, fino ad arrivare a Meet: tutto l’ecosistema Google si basa su un vastissimo mercato dei dati personali che, seppure ormai inevitabile (forse…) e universalmente accettato (forse…), non mi vede assolutamente favorevole. Se per usare una serie di servizi sono costretto a — o meglio, accetto di — cedere i miei dati personali a Google, che a sua volta li vende ad aziende terze per profilazione, pubblicità e così via, semplicemente preferisco non usare questi servizi.
Non fraintendetemi: non sto accusando un modo di offrire servizi che oggi la fa da padrone. Semplicemente, sto dicendo che l’informatica può ancora — e anzi dovrebbe ancora — essere sinonimo di libertà di scelta e, soprattutto, di privacy e sicurezza dei propri dati personali. Chiudo il discorso, che sarebbe lunghissimo, perché non è il tema di questo articolo1.
Dunque, tornando a bomba: da strenuo sostenitore del software libero e noto nerd, ho continuato da settembre a qualche settimana fa a cercare qualcosa che sostituisse degnamente Skype e Meet. Il più noto è senz’altro Zoom, che è appunto una piattaforma libera. Tuttavia, neppure questo fa per me, dato che occorre sottoscrivere un piano a pagamento per lavorare bene e senza limitazioni, altrimenti ogni video chiamata ha una durata massima di 40 minuti, per me insufficienti.
E così, ho trovato Jitsi Meet. Si tratta di una piattaforma di videoconferenza del tutto simile a Meet e a Zoom, con la differenza di essere completamente libera e di non richiedere la creazione di alcun account per essere utilizzata. Dunque, in maniera perfettamente anonima, è possibile creare una riunione o partecipare a una cui si sia stati invitati, senza dover fornire i nostri dati personali. Gratuitamente e senza alcuna limitazione di tempo, né di numero di utenti collegati contemporaneamente.
Si legge sulla relativa pagina del sito di Jitsi:
Vai oltre, video chat con tutto il team. Infatti, invita tutti quelli che conosci. Jitsi Meet è una soluzione di videoconferenza 100% open source completamente crittografata che puoi utilizzare tutto il giorno, tutti i giorni, gratuitamente — senza bisogno di account.
Le caratteristiche della piattaforma sono decisamente interessanti:
- condivisione del desktop, di singole finestre, di presentazioni e altro ancora, esattamente come le controparti Google Meet e Zoom;
- possibilità di invitare utenti (in numero illimitato) a una riunione, utilizzando però — diversamente dalle piattaforme proprietarie — un URL personalizzato: potrò quindi, ad esempio, creare una riunione che si chiama Attività Andrea Pippo, e il relativo link diventerà
https://meet.jit.si/Attivit%C3%A0AndreaPippo
.
Questo comporta due conseguenze molto interessanti: la prima è che la schermata della riunione mostrerà il nome scelto in fase di creazione e non un codice incomprensibile e poco indicativo; la seconda è che la “stanza” così creata sarà utilizzabile per tutte le successive riunioni con i medesimi utenti, usando sempre il medesimo link, senza quindi la necessità di creare un nuovo invito di volta in volta: seguendo l’esempio di prima, quindi, io e Pippo potremo ricollegarci infinite volte usando lo stesso URL; - modificare documenti condivisi tramite l’app Etherpad;
- inviare messaggi in tempo reale tramite la chat integrata nella videoconferenza.
- aggiungere effetti video come la sfocatura dello sfondo o sfondi virtuali personalizzati
In più, proprio come i servizi proprietari, Jitsi Meet è multipiattaforma e offre applicazioni native per tutti i sistemi operativi desktop e mobile: possiamo quindi utilizzarlo direttamente dall’interfaccia web, oppure installarlo sui nostri computer Windows, Mac e Linux, nonché sui nostri smartphone e tablet Android e iOS.
Inutile dire che, dopo averlo scoperto, ho iniziato a usare Jitsi in tutte le attività online con i ragazzi che ho effettuato finora, con ottimi risultati: la resa di video e audio è molto buona; le infinite possibilità di personalizzazione e uso, poi — effetti video, sfondi virtuali, condivisione dello schermo, chat integrata e così via —, non fanno certo rimpiangere Google Meet o Zoom. Anzi, il fatto che si tratti di una piattaforma libera e che per utilizzarla non sia necessario fornire alcun dato personale rende Jitsi una scelta davvero ottima, soprattutto per chi è attento alla privacy e alla sicurezza delle proprie riunioni online.
- … Ma di un prossimo articolo sì! Ne ho già in mente uno su come si possa vivere e lavorare benissimo (anzi, anche meglio) facendo a meno di software proprietario e usando soltanto strumenti completamente liberi. ↩︎
Foto di copertina: https://jitsi.org/jitsi-meet/.
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