Bello, sicuramente. Appariva meno rutilante di quello odierno, era totalmente incentrato sulle canzoni e sui cantanti, offriva poche concessioni a "lo spettacolo ad ogni costo". Ma il vecchio Festival ospitava solo cantanti super e canzoni-capolavoro? Giammai!
Intanto va chiarito che il mio "vecchio Festival" non è quello delle origini, quello di Nilla (Adionilla) Pizzi... Non sono così vecchio. Nacqui difatti nell'anno 58esimo del secolo XX, ergo non posso ricordarmi eventi originati nel l95l... Quando parlo di "vecchio Festival" mi riferisco alle edizioni di metà anni '7O/metà anni '8O, ecco...
In quel decennio nacque parecchia della più bella musica italiana ed anglosassone di sempre... Ed una parte di essa si riversò anche nel Festival, certamente. Ma c'erano pure brani non esattamente geniali ed interpreti che era meglio perderli che trovarli... Insomma, un po' come oggi, via.
I ricordi, comunque sia, si sprecano: Anna Oxa e Fausto Leali, ad esempio, che nel l989 vinsero con "Ti lascerò", brano scritto apposta per esaltare le doti canore dei due (che erano davvero dei fuoriclasse), oppure "Uomini soli" dei Pooh (l99O), una canzone di rara profondità testuale (per l'ambito pop in cui si muove da sempre Sanremo), o ancora Ron e Tosca, nel '96, con "Vorrei incontrarti fra cent'anni", una delle più belle canzoni italiane di sempre.
In questi giorni l'oggetto del contendere non riguarda tanto la taglia artistica dei partecipanti (forse un po' bassina... ma va secondo i gusti), quanto piuttosto l'opportunità di far svolgere questa kermesse in un Paese piagato dalla pandemia (clinica ed economica), con tutti i teatri chiusi salvo l'Ariston, che comunque non vede la presenza del pubblico in sala. Come musicista sono contento che il Festival sia stato organizzato anche quest'anno, anche in condizioni difficili, anche sotto tono quale può essere una sala vuota di pubblico. Perché Sanremo sta lì a dirci che la Musica non è morta, anche se non gode di ottima salute... Che c'è gente che continua a sognare, a progettare, a lavorare: gente che, insomma, non getta la spugna.
Come cittadino all'inizio ero un po' scettico, poi mi sono ricreduto: la coppia Fiorello-Amadeus, con le incursioni in area di rigore di Zlatan, sta svolgendo un'opera in realtà meritoria: quella di farci sorridere. E scusate se è poco, di questi tempi.
Ci fanno sorridere, ci distraggono dai pensieri neri, ci aiutano a vivere un po' meglio questo periodo confuso, pieno di rabbia, di odio, di rassegnazione. Ci fanno sorridere e ci fanno intendere, senza imbroglio, che la normalità tornerà ad esistere, che si potrà ancora ridere, scherzare, suonare, mangiare e bere insieme.
Insomma, questo Festival non sarà la fine del mondo... Ma ci ricorda che il mondo non è finito.
Dasvidania, musicantes!
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