Quando si parla di strumenti compensativi per i bambini e i ragazzi con una certificazione di DSA il pensiero corre immediatamente alle mappe. Si tratta, infatti, di uno strumento fondamentale, decisamente conosciuto, previsto dalla normativa sui DSA e quasi universalmente concesso nei PDP.
In questa pagina cercherò quindi di approfondire l’argomento, facendo chiarezza su che cosa siano le mappe, quali siano le differenze tra i due tipi esistenti, quando sia opportuno utilizzarle.
Intanto, facciamo chiarezza
In generale, le mappe sono strumenti organizzativi nati nel mondo del lavoro, con l’obiettivo di rendere più semplice e immediata l’organizzazione di diversi elementi e la loro esposizione ad altre persone: per fare alcuni esempi, pensiamo alle fasi di un processo produttivo, all’organigramma di una società, alla suddivisione di compiti, alla distinzione di operazioni e risorse. Ma i campi applicativi di una mappa in contesti lavorativi sono davvero infiniti.
Poi, come tanti altri strumenti – mi vengono in mente le presentazioni con le slide e i brainstorming, giusto per citarne un paio –, le mappe si sono “trasferite” dal mondo del lavoro alla vita di tutti i giorni, in contesti e con applicazioni parecchio diversi tra loro. In particolare, sono diventate molto utili anche nello studio e nell’organizzazione delle attività personali per chiunque, ragazzi e adulti.
Per gli alunni con disturbi dell’apprendimento rappresentano uno strumento compensativo di fondamentale importanza. È noto, infatti, che i DSA quasi sempre sono associati a fragilità di memoria e/o a problemi di tipo visuo-spaziale: entrambe queste situazioni richiedono un supporto che aiuti i ragazzi a fissare gli apprendimenti in memoria e a recuperarli quando necessario, e a organizzarli mentalmente senza “perdersi” tra le varie informazioni. Ebbene, le mappe costituiscono questo tipo di supporto.
Come sempre, per poter essere utilizzate a scuola devono essere previste dal PDP, meglio se dietro indicazione del neuropsichiatra infantile nella certificazione.
Attenzione però: non è sufficiente che l’uso delle mappe sia indicato nella parte del PDP relativa agli strumenti compensativi, ma deve essere contenuto anche nella parte relativa alla valutazione. In caso contrario – e molto spesso accade, dunque è importante verificare con cura questo aspetto – allo studente sarà consentito servirsi di mappe per lo studio personale (cosa che peraltro è solo un’indicazione e non certo una necessità!), ma non potrà usarle durante le interrogazioni e le verifiche.
Dopo questa necessaria introduzione, occorre fare chiarezza: infatti, anche se spesso ci si riferisce alle due espressioni «mappe mentali» e «mappe concettuali» come se fossero sinonimi, si tratta di due strumenti completamente diversi! Vediamo, quindi, di conoscerli meglio.
Le mappe mentali
Vi riporto una buona definizione che Wikipedia – che non è la mia fonte abituale, ma che per “cose veloci” spesso va benissimo – fornisce rispetto alle mappe mentali (i grassetti sono miei):
Una mappa mentale (mind map) è una forma di rappresentazione grafica del pensiero […]. Il fine consiste nell’implementare la memoria visiva e quindi la memorizzazione di concetti e informazioni in sede di richiamo. Le mappe mentali non vanno confuse con altri tipi di mappe come le mappe concettuali dalle quali si differenziano sia per la strutturazione, sia per il modello realizzativo, sia per gli ambiti di utilizzo.
Possiamo quindi dire che le mappe mentali hanno i seguenti obiettivi:
Una mappa mentale realizzata a mano da un alunno con buone capacità grafiche. Fonte: Tutti a bordo – dislessia.
Le mappe mentali sono caratterizzate da una struttura gerarchica: partendo dall’argomento principale – che normalmente corrisponde al titolo della mappa – si scende via via di livello aggiungendo argomenti (i «nodi») che sono secondari e dipendono da quello cui sono collegati. Inoltre fanno largo uso di colori, immagini ed elementi iconici, come si vede chiaramente nella mappa di cui all’immagine qui sopra.
Le mappe concettuali
Passiamo ora a considerare l’altro tipo di mappe: le mappe concettuali. Anche in questo caso partiamo dalla definizione che ci viene offerta da Wikipedia:
La mappa concettuale è la rappresentazione grafica della rete di relazioni tra più concetti, a partire da quello di partenza. Le mappe servono per rappresentare in un grafico le proprie conoscenze intorno ad un argomento specifico secondo un principio cognitivo di tipo costruttivista, per cui ciascuno è autore del proprio percorso conoscitivo all’interno di un contesto.
Dunque, gli obiettivi di una mappa concettuale sono:
Una mappa concettuale realizzata al computer. Fonte: Tutti a bordo – dislessia.
Le caratteristiche di una mappa concettuale sono una struttura reticolare e la presenza di relazioni che collegano tra loro i vari nodi, che si possono trovare anche molto distanti gli uni dagli altri.
Differenze e situazioni di utilizzo
Dopo aver visto come sono fatte e quali caratteristiche hanno i due tipi di mappe che i ragazzi con DSA possono utilizzare come strumenti compensativi, non ci resta che capire quali siano le differenze a livello pratico e in quali situazioni sia più opportuno servirsi dell’uno piuttosto che dell’altro.
Le mappe mentali servono essenzialmente per memorizzare e richiamare alla mente gli argomenti di studio, i quali – vuoi per la complessità, vuoi per la numerosità degli elementi dai quali sono costituiti – rischiano di essere dimenticati. Si prestano bene, quindi, come supporto allo studio di tutte le materie in cui bisogna «imparare a memoria» i contenuti: solo per fare alcuni esempi, geografia, scienze, diritto, psicologia, letteratura.
Sono materie in cui prevale lo studio di nomi, luoghi, definizioni: in generale, argomenti che possono essere schematizzati come insiemi e sottoinsiemi, quindi come elementi in relazione gerarchica. Si veda l’esempio della mappa sulla Calabria (geografia), dove a ogni elemento di livello superiore (territorio, clima, economia, città) sono collegati elementi di livello inferiore.
Le mappe concettuali, invece, sono molto utili quando si tratta di creare, memorizzare e poi richiamare alla mente prevalentemente dei ragionamenti, dei collegamenti tra concetti e tra argomenti diversi, in un rapporto non più di superiore vs. inferiore, ma di relazioni reciproche e indipendenti.
Dunque, sono davvero efficaci quando usate in materie dove appunto, rispetto alla conoscenza dei contenuti in sé, conta di più la capacità di ragionare e fare collegamenti: ad esempio storia, diritto, informatica, grammatica. Se guardiamo l’esempio della mappa sulle proposizioni complementari indirette (grammatica italiana), vediamo molto bene che lo scopo è ragionare sui vari elementi della frase, collegando le conoscenze per “catene” di concetti.
Da quanto ho appena suggerito si capisce che anche gli utilizzatori delle due mappe sono diversi: le mappe mentali sono destinate prevalentemente ad alunni di scuola primaria e secondaria di primo grado – ancorché pure i più grandi possano servirsene efficacemente –, mentre quelle concettuali si rivolgono maggiormente agli studenti della secondaria di secondo grado (dove, anzi, la capacità di ragionare e collegare è molto più richiesta rispetto alla pura conoscenza).