Come previsto dalle Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi specifici di apprendimento, pubblicate dal MIUR nel 2011, la scuola è tenuta alla predisposizione del Piano didattico personalizzato (PDP) «in tempi che non
superino il primo trimestre scolastico», dunque entro la fine del mese di novembre.
Tale disposizione in Valle d’Aosta viene rispettata dalla stragrande maggioranza delle istituzioni scolastiche, anzi alcune si sono mosse addirittura in anticipo e hanno contattato le famiglie per condividere il documento già nel mese di ottobre. Per contro, gli anni scorsi non sono mancate scuole che a Natale non avevano ancora provveduto e altre che, paradossalmente, hanno consegnato il PDP ai genitori dei ragazzi ad aprile o maggio, rendendo di fatto inutile uno strumento che dovrebbe accompagnare gli alunni con DSA lungo il corso dell’intero anno scolastico.
Per le scuole che lavorano bene, dunque, novembre è il “mese PDP”: i Consigli di classe riprendono in mano la documentazione clinica dei ragazzi, contattano le rispettive famiglie, fissano incontri, condividono eventuali aggiornamenti e modifiche, infine entro il 30 redigono il piano per il nuovo anno.
Anche per me questo mese è dedicato ai PDP: la maggior parte dei genitori dei ragazzi che frequentano il mio studio, infatti, mi dà incarico di recarmi a scuola per confrontarmi con gli insegnanti sul documento. Le istituzioni hanno tradizioni differenti circa l’intervento di esperti esterni: in alcune ho la possibilità di partecipare direttamente al Consiglio di classe e di parlare quindi con tutti gli insegnanti, il che rappresenta senza dubbio la soluzione migliore; in altre incontro alcuni docenti, tipicamente il coordinatore di classe e quelli delle materie più complesse; in altre ancora soltanto il coordinatore e magari il referente DSA; in tutte, qualche volta interviene il dirigente scolastico, specie nei casi maggiormente delicati.
Andare nelle scuole dei ragazzi che seguo, parlare con gli insegnanti, “dire la mia” sugli strumenti compensativi e le misure dispensative più opportuni, collaborare alla stesura e all’applicazione del PDP, talvolta anche scontrarmi con alcuni docenti che proprio non ne vogliono sapere di accettare (perché di questo si tratta) le difficoltà di un alunno, le sue esigenze diverse, rappresenta per me un grande arricchimento professionale, ma anche un intenso momento a livello umano.
Ed è allora a partire dal livello umano che dedico questo articolo a tutti voi insegnanti: dalle mastre e i maestri di scuola primaria, alle professoresse e i professori di scuola secondaria di primo e di secondo grado.
Ve lo dedico, affinché quando metterete mano al PDP di un vostro bambino, di un vostro ragazzo con DSA vi ricordiate, prima di ogni altra cosa e sopra ogni altra cosa, che non ha scelto lui di nascere con un disturbo dell’apprendimento, ma che ha avuto la sfortuna di nascere così e di essere costretto a convivere, per tutta la vita, con questo disturbo.
Affinché vi rendiate conto che questo alunno ha bisogno di essere aiutato: ad affrontare le sue difficoltà – che talvolta sono enormi, insormontabili, devastanti –, a trovare le strategie giuste per leggere, scrivere, risolvere i problemi di matematica, studiare, fare i compiti, affrontare una verifica o un’interrogazione, capire quello che voi gli spiegate, restare attento anche quando il suo cervello è stanco e va per i fatti suoi, anche quando non riesce a seguirvi mentre parlate dei Romani o di Dante o della fotosintesi clorofilliana o delle equazioni fratte o delle fonti del diritto positivo, anche quando proprio non ce la fa a copiare dalla lavagna gli schemi che voi realizzate e poi rapidamente cancellate. In particolare, ha bisogno del vostro aiuto, prima ancora che di quello dei genitori o di un doposcuola o di un tutor. Dell’aiuto vostro perché voi siete i suoi insegnanti, quelli che lo conoscono, di cui lui si fida e con i quali – volente o nolente – ha a che fare tutti i giorni e dai quali prende i voti – già, quei famigerati numeri, proprio quelli! – che domani decreteranno se sarà promosso, rimandato a settembre o bocciato, e che già oggi decretano, al cospetto dei compagni, se lui sia bravo o no, capace o no, degno o no della scuola dove voi insegnate (ma a voi, chi li dà i voti per decretare le stesse cose?).
Affinché, finalmente, la smettiate di dire al vostro alunno con DSA che se usa la calcolatrice è ovvio che riesca meglio, che scrive come un bambino dell’asilo, che non riesce a stare attento, che non prende appunti, che è svogliato. Di impedirgli di usare le mappe concettuali che con tanta fatica ha costruito a casa in tante ore di lavoro, asserendo che se le usasse sarebbe facilitato rispetto ai compagni, ignorando completamente che usandole sarebbe semplicemente e soltanto alla pari dei compagni, proprio come chi deve usare gli occhiali per leggere o una sedia a rotelle per muoversi.
Affinché vi convinciate una buona volta che a lui servono verifiche differenziate: non più facili, solo diverse, semmai più corte, semmai strutturate. Perché diversamente non riuscirà a ottenere la sufficienza, oppure sarà risicata, mentre lui ha studiato tanto e però fatica a richiamare alla mente, a scrivere, a organizzare i concetti, a mettere insieme una frase sintatticamente e grammaticalmente corretta.
Affinché, per piacere, vi mettiate in testa che non lo fa apposta!
Affinché non siate proprio voi, i suoi insegnanti, quelli da cui lui si aspetta aiuto, sostegno e comprensione, a diventare la causa della sua perdita di motivazione e, ad un certo punto, del suo abbandono scolastico.
Per fortuna, non siete tutti così. Per fortuna, tanti di voi insegnanti sono competenti, umili, disponibili. Cercano di capire chi hanno davanti, quali siano le sue difficoltà reali, quali le strategie didattiche per aiutarlo davvero. Costruiscono verifiche adeguate, forniscono tempo, si mettono in ascolto e in discussione, osservano le mappe del loro alunno, si informano sui software da loro usati, ne favoriscono l’utilizzo. Valorizzano l’impegno, lodano i miglioramenti, si focalizzano sui contenuti, sui progressi, non sulla forma. Ascoltano gli esperti, chiedono consigli, inventano, sperimentano. E sbagliano. Ma dagli errori cercano di imparare qualcosa e degli errori discutono con l’alunno DSA, con i suoi genitori. Umilmente, senza l’arroganza di sapere tutto e di essere sempre dalla parte della ragione. Perché sanno non ci sono ragione o torto, ma solo ragazzi in difficoltà.
Che voi, tutti voi insegnanti, avete il dovere, etico e umano prima ancora che professionale di aiutare.
Mi piacerebbe davvero che questo anno scolastico procedesse con i migliori auspici, proprio a partire dal “mese PDP”. Mi piacerebbe confrontarmi con gli insegnanti, anziché litigare con loro. Mi piacerebbe dare e ricevere consigli su come lavorare con i bambini e i ragazzi che seguo in studio, anziché sentirmi dire che il mio intervento è inutile perché tanto i docenti sanno già tutto e fanno già quello che serve.
Mi piacerebbe, soprattutto, vedere i ragazzi sereni ed entusiasti di andare a scuola, anziché ascoltarli mentre, piangendo, mi raccontano di insegnanti che non li aiutano, che li ostacolano, che li umiliano. Questo non deve più accadere.
Buon PDP a tutti!
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