Confesso che più di una volta, negli ultimi mesi, mi sono vergognato di essere un italiano e questo non fa certo onore né a me, né però all’Italia stessa, visto che tanti amici mi hanno esternato lo stesso sentimento. Ma quello che più mi preoccupa non è tanto ciò che io posso pensare (a quasi 35 anni ho fortunatamente la capacità di mantenere saldi i principi in cui credo, “nonostante tutto”), quanto ciò che mi viene ormai molto difficile trasmettere ai bambini ed ai ragazzi che le famiglie hanno affidato a me e agli altri capi per giocare insieme il gioco dello scautismo.
Mi viene difficile insegnare ai lupetti a fare scelte a lungo termine, ad essere coerenti, ad impegnarsi insieme agli altri nella costruzione di qualcosa di importante, a fare sempre del proprio meglio, quando poi chi ci governa trascorre due anni del suo tempo (che però, per la serratura rotta che mi ha liberato, è pure il nostro tempo, di noi italiani!) a cercare il modo di non cadere a pezzi e, soprattutto, di non scendere da una poltrona fin troppo comoda e redditizia per essere lasciata. E così “pensare agli altri come a se stessi” non ha più senso, dal momento che il tornaconto personale è sempre ben più importante di quello comune.
Mi viene difficile parlare loro di rispetto dell’ambiente, dell’importanza di scelte mirate rispetto ai consumi, di raccolta differenziata, di attenzione alle cose, quando poi quasi anche da casa mia sento la puzza dell’immondizia che invade le strade di Napoli e del resto della Campania: rifiuti non solo di una popolazione ormai allo stremo (che tuttavia di attenzione per l’ambiente non ha mai sentito neppure parlare…), ma anche di scelte passate ben poco oculate e di incapacità organizzative gravi da parte di chi ne avrebbe avuto la responsabilità.
Mi viene difficile predicare ancora il rispetto per l’altro, per le idee diverse dalle proprie, per la libertà di parola e di partecipazione democratica, per le religioni, quando poi drappelli di studenti universitari (non fondamentalisti islamici) alzano voci e striscioni e manifesti contro l’arrivo del Papa (non il mio arrivo, corpo di mille bandar!) e cantano vittoria quando il Papa decide che forse è meglio soprassedere. Il Papa, espressione non solo della massima autorità della Chiesa cattolica, ma successore di Pietro sulla terra, rappresentante vivente di un Cristo che certo ora godrebbe di ben poco rispetto, ma che duemilaotto anni fa si è preso la briga di scendere quaggiù a vedere un po’ cosa si potesse fare per noi poveri idioti umani. Ma anche il Papa uomo, degno di rispetto almeno solo per questo, che se alla Sapienza avesse dovuto andare a parlare un politico qualunque, sono certo che nessuno si sarebbe disturbato per maniferstargli contro.
Mi viene difficile, lo ammetto. Ma vado avanti come vanno avanti altri capi che magari pensano le stesse cose che io ho scritto qui, se non altro perché ci muove un sogno: che i bambini che frequentano il mio come altri Branchi credano più alle parole ed ai principi che non alle situazioni che vedono intorno a sé e che prevalga in loro la logica e l’intelligenza. Chissà che fra un po’ di anni per i capi che ci saranno non venga meno difficile educare!
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