La storia dei browser negli ultimi dieci anni è stata caratterizzata da due situazioni e quattro protagonisti. Le situazioni sono due automatismi e due scelte; i protagonisti sono Internet Explorer (poi diventato Edge), Safari, Mozilla Firefox e Google Chrome. Adesso mi spiego meglio.
Per automatismi intendo che chi acquista un PC ci trova installato Windows e, in automatico, si trova ad utilizzare Explorer/Edge, mentre chi acquista un Mac ci trova installato (ovviamente) MacOS e, in automatico, si trova ad utilizzare Safari. Mentre è difficile che un utente della Mela morsicata navighi sul web con un browser diverso da Safari – ancorché naturalmente possa –, è invece abbastanza facile che chi possiede un computer con le Finestre decida di abbandonare quasi subito il browser di default e installarne uno alternativo. Prima scelta.
E tra i browser alternativi e indipendenti dal sistema operativo utilizzato, benché ne esistano parecchi, la fanno da padroni ormai da molti anni appunto Mozilla Firefox e Google Chrome. Seconda scelta.
Personalmente, ho usato per parecchi anni Firefox, da quando è nato fino a che Big G ha introdotto il proprio browser. Con la Volpe di Fuoco mi ero trovato bene, sicuramente meglio che con il vetusto Internet Explorer, non foss’altro per la miriade di estensioni che ne hanno sempre permesso una personalizzazione estrema e la maggiore leggerezza. Poi, però, sono passato a Chrome e non l’ho più abbandonato: ancora più leggero di Firefox, sicuramente più veloce, meglio integrato con le applicazioni di Google – delle quali sono sempre stato e sono tuttora un accanito utilizzatore e sostenitore. Inoltre, ho sempre trovato impagabile quel sottile piacere di installare Chrome su un nuovo computer o cellulare o tablet, accedere con il mio account Google e ritrovarmi in un attimo tutti i miei preferiti, la cronologia, le password salvate, le impostazioni personalizzate, il tema scelto. Tutto questo, anche a fronte di una ben nota (e consapevole da parte mia) “distanza” dai miei principi legati all’uso di Linux e dell’open source, dal momento che Chrome non è un software libero, ancorché esista nativamente anche per Linux, e non è propriamente “amico” della privacy, “regalando” ai server di Mountain View parecchi dati di chi ne fa uso.
Ma qualche giorno fa è uscito Firefox Quantum, la versione 57 del browser di Mozilla. Ho voluto provarlo, e mi ha convinto. Come dice di sé, è davvero notevolmente migliorato quanto a velocità e leggerezza (nel senso di uso di RAM); alcune di quelle che io consideravo “pecche” rispetto a Chrome sono adesso superate, come la barra degli indirizzi che offre anche la funzione di ricerca integrata, i file scaricati raggiungibili senza aprire un’altra finestra, l’assenza della barra del titolo per risparmiare spazio (almeno su Windows), la sincronizzazione dei dati personali con tutti i dispositivi su cui è installato. Restano le sue peculiarità di sempre: le centinaia di estensioni e di plugin, i numerosi temi, la personalizzazione dell’interfaccia nei minimi dettagli. In più, è completamente open source e particolarmente attento alla sicurezza della navigazione e alla privacy degli utenti. Non è quindi un caso se ormai praticamente tutte le distribuzioni Linux (compresa Debian, che dell’utilizzo di software unicamente strictly open ha sempre fatto il proprio cavallo di battaglia) propongono Firefox come browser di default. Che, non meno importante, è sviluppato da Mozilla, un’organizzazione no-profit fin dalle origini «al servizio delle persone».
Questi, peraltro, sono i motivi per cui sui computer dei bambini che lavorano nel mio studio ho sempre installato Firefox.
Dunque sì, ritorno a Firefox, più che mai convinto. Lo sto usando da alcuni giorni su tutti i miei computer e sul cellulare, e non sento la nostalgia di Chrome. Vi invito a provarlo, ricordandovi che è multipiattaforma in maniera nativa: gira quindi sotto Linux, Windows e Mac in modo perfetto; questo è il sito ufficiale: https://www.mozilla.org/it/. Bentornata, Volpe di Fuoco!
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