Pensavo di fermarmi agli unici due post che ho scritto sull’argomento la settimana scorsa: uno qui (il pensiero in punta di penna di mercoledì 23 febbraio) e uno su Facebook (questo), che ha suscitato un’accesa discussione tra una mia carissima amica e una mia ex docente del liceo.
Proprio questa amica però, in seguito ai successivi botta e risposta poi trasferiti su Telegram, mi ha stimolato a pubblicare una mia lunga riflessione che ho proposto a lei per chiarire il mio pensiero.
Accetto l’invito e scrivo anche qui, per i miei lettori, quanto ho scritto a lei, con le minime modifiche del caso.
A differenza di quello che si possa pensare dai post che ho pubblicato — qualcuno potrebbe insinuare che mi limito a seguire il pensiero semplicistico dei più —, io una mia personale opinione su quanto sta accadendo ce l’ho eccome!
Opinione che ho maturato non solo leggendo e ascoltando articoli e approfondimenti rinvenuti da varie fonti; non solo confrontandomi con diversi amici — facenti parte di contesti sociali e professionali differenti, e con differenti provenienze culturali —, con i quali spesso mi trovo in pacifico disaccordo sui più vari temi di attualità e i quali invece, su questo tema, la pensano esattamente come me.
Ma anche — e questa ritengo la più solida base delle mie convinzioni — chiacchierando direttamente con i cittadini bielorussi che molti anni fa, in tempi non sospetti (meglio: non così apertamente sospetti), ho avuto la fortuna di conoscere a Gomel, nei miei due viaggi con la carovana umanitaria organizzata dall’associazione attraverso la quale per tanti anni abbiamo ospitato in famiglia prima Olja e poi Lena, le due ragazzine di quella terra.
Ebbene, tanto gli adulti quanto soprattutto i giovani già allora mi raccontavano di una politica nazionale ben lontana dal sentire della gente, una politica fatta da un solo uomo, il presidente Lukashenko — di fatto un dittatore, allora come oggi; filorusso, anti occidentale e sprezzante di ogni dignità umana —, uomo dell’ex URSS messo al governo da Putin e fantoccio di Putin, inviso a tutti ma a capo della repubblica forse a vita, grazie alla modifica da lui stesso apportata alla legge in modo da eliminare i limiti alla sua medesima rieleggibilità pur dopo svariati mandati.
Mi raccontavano di una Russia vicina di casa piuttosto scomoda, con un presidente — allora lo stesso di oggi — non diverso da uno zar, ben lontano dall’aver “digerito” la caduta del comunismo e la disfatta dell’Unione Sovietica, e le cui mire — lo ripeto: allora come oggi — erano e sono sempre state solo quelle di “russificare” quante più repubbliche ex sovietiche possibile.
Ecco, oggi che Putin ha deciso di attaccare l’Ucraina, guarda caso repubblica di confine con l’Europa, dove già aveva “allungato le mani” con la Crimea prima e con i territori del Donbass oggi, proprio perché Kiev si oppone alla longa manus del Cremlino sul suo territorio, non mi stupisco.
E condanno fermamente l’atto bellico. Al di là, e a prescindere, da ogni motivazione — o dietrologia — politica o fantapolitica ci possa stare alla base. Condanno la guerra, l’uccisione di civili, la costrizione alla fuga, le minacce all’Europa, la prosopopea di farsi decisore sulle sorti geopolitiche di certi territori sol perché a lui vicini.
E, come me, tutto il mondo. Vorrei sottolinearlo, questo: tutto il mondo sta condannando l’azione di Putin, compreso lo stesso popolo russo, trascinato dalla parte del cattivo pur non avendo mai voluto questa guerra.
Questa è la mia opinione. Condivisibile o no, come tutte le opinioni.
Però, ve lo confesso con onestà, sono particolarmente allergico — e quindi ben poco tollerante — nei confronti di alcuni aspetti di tutta questa vicenda:
1) che si voglia far credere che Putin sia, in realtà, il salvatore del mondo perché starebbe “denazificando” l’Ucraina: Putin è e resta un criminale assetato di potere;
2) che si voglia giustificare la guerra sostenendo che la colpa di tutto sarebbe della NATO o, comunque, dell’Occidente: come dire — bel paragone che ho letto su Facebook — che una ragazza è stata stuprata perché indossava la minigonna…
3) che i più (anche giornalisti e politici) continuino a pronunciare Ucràina con l’accento sulla a, anziché Ucraìna con l’accento sulla i, come si dovrebbe più correttamente dire: leggete a tal proposito questo bellissimo articolo dell’Accademia della Crusca, il quale fuga ogni dubbio; ma anche che continuino a pronunciare Kiev anziché Kief, Chérnobyl anziché Chernòbyl, Gomél anziché Gòmel: è dovere dei giornalisti imparare, prima di informare; se altri pronunciassero Italìa, Mìlano, Tòrino, ne saremmo infastiditi.
Ora, chi ha piacere può scrivermi i suoi commenti.
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