A PARTIRE da ieri 9 giugno, primo giorno dopo la conclusione dell’anno scolastico, sono iniziati o stanno iniziando gli esami di conclusione del primo ciclo di istruzione, meglio conosciuti come esami di terza media. Anche quest’anno, nel mio lavoro di tutor di ragazzi con disturbi dell’apprendimento, ho la possibilità e il piacere di seguire e aiutare alunni che frequentano la terza classe di scuola secondaria di primo grado e che, quindi, hanno iniziato o stanno per iniziare l’esame.
Come sempre accade, questi ragazzini — dopo aver fruito del mio supporto durante tutto l’anno per arrivare al meglio a questo momento — da un mesetto hanno intensificato gli incontri in studio per ripassare le materie per gli scritti (in particolare francese e matematica) e, soprattutto, per preparare insieme il colloquio orale.
È proprio lavorando sulla preparazione al colloquio con i cinque alunni di terza media che sto seguendo, che mi sono reso conto di quanto, quest’anno, le differenze tra le modalità d’esame nelle diverse scuole siano davvero tante e anche molto profonde. Così profonde da rendere i colloqui addirittura completamente diversi da una istituzione all’altra, quasi come se non si trattasse di uno stesso esame.
Così profonde da farmi riflettere sull’opportunità di lasciare alle istituzioni scolastiche così tanta autonomia, con il rischio di ottenere vere e proprie disparità di trattamento tra gli alunni.
I cinque ragazzini che seguo in studio (due maschi e tre femmine) frequentano cinque scuole diverse, per cui il confronto ha un senso. Di queste cinque scuole, due si trovano ad Aosta e tre in altrettanti paesi. Malgrado in questo articolo non avanzerò critiche ma solo osservazioni, non dirò il nome delle scuole, se non altro perché non è utile al mio scopo.
Ciascuno di loro si sta preparando al colloquio orale in un modo diverso; e questi modi li descrivo, seppure sinteticamente, così che i miei lettori ci si possano ritrovare (ma chissà quanti altri ne esistono, nelle altre scuole della Valle).
Anche i tempi di esposizione saranno diversi: qualcuno avrà a disposizione non più di dieci minuti, qualcun altro non meno di venti-venticinque.
Allora, dopo avervi illustrato le modalità di svolgimento dei cinque esami, facciamo insieme qualche riflessione.
Innanzitutto, è vero che il decreto del Ministero dell’Istruzione n. 741 del 2017, che disciplina le modalità di svolgimento dell’esame di terza media, all’articolo 10 si limita a dire che «Il colloquio viene condotto collegialmente dalla sottocommissione, ponendo particolare attenzione alle capacità di argomentazione, di risoluzione di problemi, di pensiero critico e riflessivo, di collegamento organico e significativo tra le varie discipline di studio», senza specificare in che modo questo debba avvenire. Ma è anche vero che, appunto, parla di «collegamento organico e significativo» tra la varie materie, intendendo che i ragazzi devono dimostrare di conoscere gli argomenti di studio delle materie affrontate durante l’anno.
Perciò, la prima riflessione è che nella scuola dell’ultima ragazzina, presentando al colloquio un solo argomento — peraltro scelto liberamente, ancorché accettato dagli insegnanti —, gli alunni parleranno di quello e non affronteranno argomenti tratti dalle varie materie di studio, come invece faranno i loro “colleghi” delle altre scuole.
In secondo luogo, ad alcuni ragazzi viene chiesto di scrivere una tesina da consegnare agli insegnanti e/o di realizzare una presentazione — che sia con Google Presentazioni o con Prezi o con Genially, poco importa — da proiettare poi durante il colloquio. Ad altri, questo impegno non è richiesto.
Quindi, la seconda riflessione è che in certe scuole gli alunni, per l’esame, devono lavorare più di quelli di altre scuole. E lavorare tanto, ve lo dico perché li vedo con i miei occhi: scrivere una tesina, ma ancor più preparare una presentazione sono compiti gravosi e che richiedono tanto tempo. Occorre cercare e selezionare il materiale, scegliere le immagini adatte, impostare la grafica, scrivere e formattare i testi, organizzare i contenuti, impostare eventuali effetti e animazioni… I ragazzi che non devono occuparsi di questo hanno evidentemente più tempo per prepararsi, e comunque lavorano meno.
Andiamo avanti. Alcuni insegnanti hanno selezionato e caricato su Classroom materiali utili per la preparazione del colloquio; in determinati casi sono gli unici materiali su cui gli alunni devono impostare il loro lavoro. Altri insegnanti no, per cui sono i ragazzi a dover cercare e selezionare i materiali dai libri di testo oppure online: ancora una volta, con un ovvio aumento di tempo da dedicare alla preparazione.
E gli argomenti? C’è chi ha potuto scegliere quello di proprio interesse, senza necessariamente essere vincolato da collegamenti tra le varie materie; c’è chi ha dovuto limitarsi a quelli proposti dagli insegnanti; c’è chi deve prepararne più di uno, per ciascuna delle macro-aree.
La terza e ultima riflessione, allora, è che alcuni alunni hanno goduto di maggiore libertà di altri, alcuni hanno più “supporto” dagli insegnanti rispetto ad altri.
Mi avvio a concludere questa riflessione. La forte autonomia della quale godono le istituzioni scolastiche nella propria organizzazione è sicuramente positiva e nel tempo ha portato molti buoni frutti. Ma, forse, quando è eccessiva porta con sé conseguenze importanti. Nel caso dell’esame di terza media, porta con sé una palese — e certamente ingiusta — disparità di trattamento tra alunni di scuole diverse.
Qui non si tratta solo di organizzare l’attività didattica in un modo o in un altro. Qui si tratta di rendere parecchio diversi, spesso distanti anche concettualmente, il lavoro di preparazione del colloquio e lo stesso colloquio orale di un esame che invece, in quanto esame di Stato, dovrebbe essere assolutamente uniforme, non dico solo tra una scuola e l’altra, ma proprio su tutto il territorio nazionale.
Qui non ci dovrebbe essere autonomia: il MIUR dovrebbe, a mio avviso, fornire indicazioni precise — come fa per le prove scritte — su come il colloquio orale vada preparato e condotto: come scegliere gli argomenti e tra quali possibilità, su quali materiali lavorare, se scrivere o meno una tesina, se realizzare o meno una presentazione.
In modo che i ragazzi di terza media — dall’Alpe alle piramidi… no, in verità basterebbe da Courmayeur a Pont-Saint-Martin! — abbiano la certezza che il loro esame sarà uguale per tutti, che il lavoro di preparazione richiederà per tutti il medesimo impegno, che i prodotti richiesti non dipendano dalla scuola. Dite che chiedo troppo? Voi che cosa ne pensate? Scrivetelo nei commenti!
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