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L'ingresso del campo di S. GiacomoEcco, trovo pochi minuti di tranquillità per scrivere queste due righe… Sono qui, a S. Giacomo, in Abruzzo; sono qui nel campo della Protezione Civile Città di Torino, a prestare il mio servizio ai terremotati in veste di psicologo delle emergenze. Arrivato in tarda serata venerdì scorso, mi fermerò fino a sabato pomeriggio, perché la prossima settimana impegni, di lavoro e altri, mi richiameranno alla routine quotidiana.
E un po’ mi dispiace, perché – seppure pesanti – le giornate qui sono intense dal punto di vista professionale e (forse soprattutto) da quello umano. Lavoro molto: mi occupo del coordinamento della scuola del campo, tengo i rapporti con le insegnanti, ho la gestione della ludoteca, seguo da vicino le problematiche dei bambini di concerto con le famiglie, ascolto le persone che hanno piacere di parlare ed esprimere il loro dolore e i loro dubbi. Tutto ciò dunque crea relazioni personali, crea legami, anche forti, con le singole persone, con intere famiglie, con i bambini e i ragazzi di qui, con gli altri volontari.
Io e Sara con ChiamparinoAndare via dopo una settimana di lavoro e di relazioni ha il sapore di interrompere qualcosa di importante; mi rinfranca la certezza di colleghi bravi e appassionati che daranno un seguito a quanto stiamo facendo ora io e Sara, così come, d’altra parte, noi due stiamo dando un seguito a quanto hanno fatto prima di noi Amedeo, Davide e Giuseppe. Certamente, sarà difficile lasciare le persone che ho conosciuto e con le quali ho instaurato un rapporto profondo e bello; ma fa parte del gioco, di questo servizio, di questo lavoro. Ne sono contento. Sono contento di essere qui, piccola goccia in un mare di dolore, ma anche di intense gioie.

Nella prima foto: l’ingresso del campo di S. Giacomo, allestito e gestito dalla Protezione Civile della Città di Torino; nella seconda foto: io e Sara, sabato, con il sindaco di Torino, Chiamparino, in visita al campo.

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