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Lo scorso aprile ho pubblicato questo articolo dove raccontavo che due miei clienti si erano visti negare l’indennità di frequenza, pur avendo entrambi una diagnosi di DSA, con la solita improbabile motivazione per cui non sarebbero «invalidi» per assenza di patologia. Concludevo l’articolo dicendo che i rispettivi genitori avevano deciso di proporre ricorso contro questa decisione del tutto ingiusta.
Ebbene, questa mattina ho appreso che entrambi i ricorsi sono stati accolti, per cui i due bambini otterranno l’assegno che, lo ricordo, una legge dello Stato dà loro il diritto di avere semplicemente in quanto presentano disturbi dell’apprendimento. La motivazione dell’accoglimento dei ricorsi è che i due bambini sono stati riconosciuti come portatori delle famose «difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni della propria età», che la stessa legge attribuisce ai minori con DSA. Ma, ancora una volta, è stato necessario ricorrere alla commissione medica di seconda istanza per vedersi riconoscere una situazione che esisteva ovviamente anche al momento della valutazione da parte della prima commissione, e un diritto che la legge – lo ripeterò fino allo sfinimento… – attribuisce ipso facto anche senza necessità di una (peraltro inutile) valutazione medica.
Permettetemi un pizzico di orgoglio. Perché i due ricorsi li ho scritti io, fa parte del mio lavoro di consulenza alle famiglie. Ricorsi lunghi, circostanziati, studiati nel dettaglio; richiami alle norme di legge, considerazioni di carattere medico e giuridico, osservazioni di ordine pratico. Vederli accolti mi fa quindi piacere. Ancor più, però, mi fa piacere sapere che due bambini che già incontrano mille difficoltà a scuola e nella vita quotidiana adesso potranno avere un aiuto economico di non poco conto. La morale, quindi, è sempre la stessa: mai rassegnarsi, quando si è dalla parte della ragione.

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